Il ritorno di Toscani a Benetton, tornano i colors: testimonial i migranti

Treviso. Il melting pot di una scuola di un quartiere di Milano racconta la nuova visione «È fallito il marketing bocconiano delle chiappe fisse, dei cacciatori di teste di c..»

TREVISO. Non chiamatela ripartenza. «Perché i tempi sono cambiati. E il tempo ha segnato il fallimento del marketing bocconiano, delle chiappe fisse sulle sedie a fissare monitor. Altroché cacciatori di teste. Cacciatori di teste di cazzo». Tanto per parlar chiaro. Chiamatela partenza. «Partiamo dal colore». Ma quale? Oliviero Toscani torna a Fabrica, il cuore pensante e pulsante del brand trevigiano, e squaderna la “sua” Benetton.

Il fotografo dà un calcio al “ciarpame” di anni di studi di mercato accatastati sulle scrivanie e mostra una foto. Uno scatto per partire ancora, che racchiude il futuro immediato (si parte a febbraio 2018 con la collezione primavera estate) del marchio Benetton, che cambia pelle per tornare a riconoscersi e a farsi riconoscere. Basta uno sguardo per capire che Toscani declina e stiracchia il concetto di colore per lanciare un messaggio. Semplice e rivoluzionario. Chi sono i protagonisti della campagna? I bambini qualunque di una scuola elementare qualunque.

Toscani è andato al Giambellino, quartiere popolare di Milano, per raccontare il nuovo colore e i rinnovati colori di Benetton: ventotto bambini, tredici nazionalità e quattro continenti. Tutto in una classe. «Questo non è il futuro. È il presente». Piaccia o no, Toscani sbatte in faccia la rivoluzione della nostra epoca, la rivoluzione della grande migrazione verso l’Italia e l’Europa. Una ripartenza, in realtà, c’è: «Ripartiamo dall’integrazione». «C’è qualcuno che è molto più avanti di noi», spiega, «c’è chi ha tanto più coraggio di noi. Sono quelle migliaia di persone che hanno messo a rischio la loro vita e quella dei loro figli per un futuro migliore. Tra loro ci saranno anche i delinquenti che vede Salvini, ma ci sono idee, passione e tanto coraggio.

Di questo ha bisogno Benetton». Ed ecco che Toscani racconta che Benetton cambierà immagine, certo, ma muterà anche nel suo dna: per creare un melting pot di visioni andrà a reclutare migranti per il suo progetto. Come? «Insieme alla Croce Rossa, tanto per iniziare», ma Toscani lascia intendere che le vie del Signore sono veramente infinite. Questi sono i colori dell’integrazione. Ma c’è anche la bellezza, quella incontenibile e pura dei sorrisi dei bambini. Stringendo l’immagine della scuola del Giambellino dice che tra quei bimbi ci saranno futuri medici, avvocati, magistrati. «Per le migliaia di morti nel Mediterraneo, qualcuno di loro potrebbe, tra qualche anno, farci causa per genocidio. Io non voglio essere tra quelli che saliranno sul banchetto degli imputati».

Non sarà una campagna choc? «Ma quale campagna choc, se non quello che provoca la civiltà». Poi la stoccatina: «Niente choc, così voi giornalisti non mi romperete le palle». Toscani declina la nuova veste di Benetton, una fucina di situazioni («perché le idee le cerca chi non le ha») per una campagna che mette al centro il prodotto. Promette che sarà il colore, anzi, i colors, a essere protagonisti. Respireranno aria nuova anche gli store monomarca. Come? «Bastano le luci e i colori per cambiar passo».

Toscani ci mette tutta la sua passione e la sua innata capacità di semplificazione nella comunicazione del concept Benetton: «Dalla sioretta che ha l’armadio pieno di vestiti all’impiegatina che può permettersi pochi acquisti». «Cuore e cervello», questi sono gli imperativi categorici. E l’obiettivo? È più che ambizioso. Far sì che i consumatori, saturi di cose di cui non hanno bisogno, tornino a riconoscersi nei colors.

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