Il ritorno della canapa a Treviso: «È uno splendido isolante»

L’azienda “Florian e Florian” fra Treviso e San Biagio promuove l’utilizzo della pianta tradizionale nell’edilizia: «Funziona meglio della lana di vetro»

TREVISO. A volte ritornano. E lo fanno in vesti che mai ti aspetteresti. La canapa infatti, oggetto di studio anche dell'università di Venezia nell'allora "campo di ricerca" di Ca' Tron, è arrivata a un impiego importante. Per scoprirlo abbiamo seguito una qualificatissima e altrettanto curiosa "brigata" di ingegneri, architetti e tecnici, convenuti, su invito di Italia Nostra, a un incontro con la prima impresa trevigiana specializzatasi nell'uso di materiali eco-compatibili in edilizia, con particolare riferimento a Canapulo: si tratta dei trucioli ricavati dal legno della pianta della canapa, in combinazione con la calce, un'accoppiata che, tra l'altro per ogni metro cubo di materiale si divora 180 chili di Co2 .

L’impresa. La Florian e Florian, una sede in città e una operativa a San Biagio, è la fusione di due saperi. Quello di Filippo Florian, ingegnere ed esperto in bioingegneria, e quello di Mario Florian - neanche parente - imprenditore curioso e attento all'innovazione, capace, come tutti i migliori nordestini, di cambiare materiali senza smentire la missione principale: creare lavoro e reddito. In questo caso con un brevetto europeo che farà parlare di sè.

Le colture. «Perchè», dice Mario, «con il crollo progressivo della cultura degli idrocarburi fossili, si andrà necessariamente a recuperare materiali naturali e biodegradabili che, come in questo caso, possono davvero risvegliare le imprese e l'agricoltura locale. Ci vorrà un po' di tempo, ora l'acquisto del materiale dall'estero fa sì che i nostri prodotti abbiano il loro fascino, non tanto sotto il profilo della convenienza quanto sotto quello della durata e della resa energetica. Ma già ora un cappotto con canapulo e calce è parificabile, nel prezzo, a uno con la lana di vetro come isolante termico e più passa il tempo, grazie alla carbonatazione, e più il materiale diventa resistente».

Cappotti “eterni”. «Solo che il cappotto tradizionale termico», spiega Filippo Florian, «ha una durata particolarmente breve, mentre di quello di canapa si sa che dura tantissimo e addirittura non si sa quanto, mentre le sue qualità tecniche sono veramente una miniera che sorprende ogni giorno. Ad esempio grazie alla percentuale di silicio è perfettamente ignifuga; per esempio ha la capacità di adattarsi alle temperature esterne al punto da autoregolare il trattenimento del caldo e del fresco, con grandi risparmi di energia. Per esempio è un autoregolatore termo igropetrico».

Naturalmente ingegneri e costruttori non si sono fermati al "cappotto" isolante e Mario Florian ha avuto modo di spiegare come la nuova casa di un professionista di Vittorio Veneto sia quasi per intero frutto della tencologia avanzata della calce e della canapa, abbinata alle infinite possibilità di ricoprire il tutto con i più svariati materiali.

Della serie: andate a vedere e parlatene con lui, scoprirete che previene e inibisce la formazione di funghi, muffe, colonie batteriche, ma tiene pure lontani insetti e roditori.

Un limite c’è. In genere quando una bellissima ragazza (o un bellissimo ragazzo) ci vuole a tutti i costi, ci chiediamo: dove sta l'inghippo, qual è il risvolto della medaglia.

Di certo non sta nel fatto che la canapa sia difficile da coltivare: la metti giù in seme e la raccogli senza provvedere a troppe cure. Piuttosto, la parte silicea di questa pianta fa sì che la sua raccolta e lavorazione richiedano macchinari "mirati", particolarmente resistenti. Nessun problema per le multinazionali, ma volendo invece percorrere la strada di un ciclo quasi a chilometri zero che ottimizzi i costi, bisognerà costruire macchine utensili di dimensioni ridotte e molto efficaci, in modo da favorire un'agricoltura a scala ridotta o, al massimo, di tipo cooperativo-consorziale.

Insomma, non è tutto facile e immediato. Ma se son rose...

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