Il prete-soldato che non sparò mai un colpo

PONTE DI PIAVE. Il cardinale di Zagabria Alojzije Viktor Stepinac, morto nel 1960, oggi in odore di santità, un secolo fa, durante la Prima Guerra mondiale, ha combattuto, con il grado di tenente, tra Cimadolmo e Ponte di Piave nelle fila dell'esercito dell'impero Austroungarico. Ad individuare, con precisione, le località in cui il giovanissimo Stepinac visse uno dei periodi più difficili della sua vita è don Juraj Batelja, il sacerdote croato, postulatore della causa di santità di quello che è stato uno dei vescovi più giovani del mondo e, forse, il più amato dell'intera Croazia.
Don Juraj Batelja, che attualmente svolge il suo ministero a Zagabria, nelle scorse settimane è venuto appositamente nel Trevigiano per conoscere e visitare i territori ed i paesi dove il giovane tenente, allora seminarista, fu dislocato dal comando austroungarico. «Il compito - spiega - di chi, come me, deve dimostrare la santità di una persona è quello di conoscere con precisione tutta la vita di costui e studiarne ogni sfaccettatura. Il reparto in cui fu inquadrato Stepinac - aggiunge - si trovava, nella primavera del 1918, lungo la Sinistra Piave. Sicuramente, nel giugno di quell'anno, il giovanissimo ufficiale guadò il fiume, durante la battaglia del Solstizio, tra Negrisia e Saletto». In quell'azione il futuro cardinale, grazie alla controffensiva del nostro esercito, fu catturato dai soldati italiani in località Molino della Sega e portato insieme, ad altri centinaia di combattenti, in un campo di prigionia di Mestre. «Dalle lettere scritte, in quel periodo, ai genitori sembra che il giovane tenente si sia rifiutato, di dare ordine ai soldati della sua compagnia di sparare contro i "nemici"».
Nella causa per la canonizzazione di un santo c'è sempre un altro sacerdote che cerca tutti i lati negativi del candidato. E così «l'avvocato del diavolo» ha cercato di ostacolare la causa di santità del cardinale Stepinac proprio per il fatto che da militare non aveva ottemperato agli ordini dei superiori. A questa affermazione don Batelja replicò «che, anche in guerra, Stepinac ha sempre obbedito alla parola di Dio, ed in questo modo molte vite umane sono state risparmiate su entrambi i fronti».
Da allora il legame tra Viktor Stepinac ed i territori del Piave è sempre stato stretto. L'attuale postulatore sottolinea come don Aldo Roma, compianto sacerdote originario di Negrisia, e zio dell'attuale sindaco di Ponte di Piave si sia più volte recato presso la cattedrale di Zagabria per rendere omaggio alle spoglie del cardinale croato, spesso accompagnando dei fedeli ammalati provenienti dalle province di Treviso e Padova. Terminato il primo conflitto mondiale don Viktor Stepinac fu ordinato sacerdote e, all'età di 36 anni, fu nominato, da Pio XI, arcivescovo di Zagabria. Sotto il regime comunista di Tito fu perseguitato per la sua fede e per la grande ascendenza che godeva tra i fedeli. «Erano gli anni - ricorda con amarezza don Batelja - delle persecuzioni e delle uccisioni di tanti sacerdoti, delle chiese cattoliche chiuse e degli espropri dei beni ecclesiastici». Stepinac dovette subire processi ingiusti ed il confino nel suo piccolo paese natale. Nominato cardinale nel 1953 gli fu impedito di recarsi a Roma per ricevere il titolo, né poté partecipare al conclave del 1958 quando fu eletto papa Giovanni XXIII. Morì nel 1960, ufficialmente per una malattia genetica, anche se sembra per un lento avvelenamento. La sua figura ritornò all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale nel 1998, quando Giovanni Paolo II lo proclamò beato. Potrebbe essere, invece, l'attuale pontefice Francesco a decretare, entro breve, la canonizzazione di questo sacerdote che non sparò un colpo contro i «nemici» di guerra.
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