Il prefetto: chi ha sbagliato pagherà

Dipendenti indagati per abuso d'ufficio, il prefetto chiarisce: "Ho fiducia nella magistratura, se qualcuna ha sbagliato è giusto che paghi"
A destra la prefettura spra Aldo Adinolfi
A destra la prefettura spra Aldo Adinolfi
TREVISO. «Se qualcuno ha sbagliato pagherà». Il prefetto Aldo Adinolfi commenta così l'ultimo scandalo che ha colpito i suoi uffici, due indagati per abuso d'afficio in relazioni a permessi di soggiorno facili. Sembra non esserci pace per l'istituzione di piazza dei Signori. E' di appena qualche mese fa il caso della dipendente pizzicata a prostituirsi mentre si trovava a casa in malattia. Ora questo nuovo scandalo che vede Roberto Pizzolato e Grazia Ivone indagati per abuso d'ufficio dalla Procura di Vicenza in relazione ad un'inchiesta sui permessi di soggiorno facili sulla tratta Veneto-Pakistan.


E ieri Aldo Adinolfi, presente ad una festa della Coldiretti a Motta di Livenza, è intervenuto sulla vicenda. Non ha usato giri di parole, ma ha anche sottolineato come abbia in realtà le mani legate in attesa di un verdetto finale. «Per legge non possiamo rimuovere nessuno prima di una sentenza definitiva - ha spiegato il prefetto ai microfoni di Antenna3 - voglio però sottolineare che solo uno degli indagati lavora in Prefettura, mentre l'altra persona è dipendente dell'ufficio provinciale del lavoro. Non ero al corrente di questa inchiesta e ora non ci resta che aspettare l'esito delle indagini condotte dalla magistratura, di cui ho grande fiducia e stima».


Da un anno, insieme ad altri trenta indagati, faceva arrivare dal Pakistan suoi connazionali, clandestini in Italia. Ciascuno di loro gli pagava circa 10 mila euro, che per un pakistano è un'enormità, in grado di far contrarre debiti ad una famiglia per generazioni. I pakistani giungevano in Italia con un contratto nominativo: un'azienda era pronta ad assumerli stagionalmente. Per questo veniva dato loro un permesso di soggiorno temporaneo.


In realtà, però, da quanto accertato dagli investigatori, quel posto di lavoro non esisteva: nessuno di loro ha mai lavorato per le ditte che lo avevano assunto. Si trattava solo di carte, sistemate con la complicità dei funzionari pubblici e di alcuni titolari di aziende compiacenti. Il meccanismo funzionava anche per la sanatoria colf e badanti. Nessun asiatico lo avrebbe mai fatto.

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