Il paziente resta grave «Ma non c’è epidemia»

Somministrati antibiotici a 20 persone fra amici, familiari e colleghi Nessun nuovo caso. Decisiva la diagnosi rapida del medico di Maserada

TREVISO. L'escursione in bicicletta, martedì. I primi dolori muscolari la sera, e poi la febbre mercoledì mattina. Niente di strano, aveva pensato, saranno i postumi di uno sforzo fisico importante, un centinaio di chilometri a temperature proibitive. Poi però la febbre sale, sfiora i 40. Alzarsi dal letto diventa impossibile. Sulla pelle compaiono le "petecchie", tante piccole macchie di microemorragie, segno che la coagulazione non sta funzionando a dovere. E scatta la chiamata al 118.

E' mercoledì sera. I sanitari del Suem avvertono il medico di base a Maserada, Bruno Di Daniel, che manda a casa del ciclista di 47 anni la collega che in quel momento lo sostituisce, Stephanie Giuliotto. La dottoressa vede e capisce al volo, la diagnosi è quasi immediata: meningite. Ambulanza e ricovero al Ca' Foncello. E la macchina dell'ospedale si mette in moto con il massimo sforzo possibile, riuscendo in 24 ore a isolare il ceppo e a completare la profilassi di una ventina di persone tra familiari, colleghi di lavoro (l'uomo è impiegato in un'azienda della zona) e un paio di amici stretti. Una macchina perfetta, che ieri mattina ha fatto dire al direttore dell'Usl2 Francesco Benazzi: «Nessuna emergenza, si tratta di un caso isolato e tutte le persone a stretto contatto con l'uomo sono già state sottoposte a profilassi. Non c'è alcun motivo per allarmarsi».

Il ciclista rimane ricoverato in condizioni gravi in Rianimazione, al Ca' Foncello, ma ieri sera dall'ospedale trevigiano filtrava un cauto ottimismo. L'uomo era dato infatti stabile ma in lieve miglioramento, i medici, tuttavia, non hanno ancora sciolto la prognosi. Troppo presto per sapere se si rimetterà completamente, e quando. Così come è troppo presto per sapere se davvero è stato, come tutto lascia supporre, un caso isolato: di solito, il 90 per cento dei casi secondari collegati al "paziente zero" (in questo caso il ciclista) emerge entro 48 ore. Ma solo dopo dieci giorni le autorità sanitarie ritengono che non vi siano più rischi di trovare persone infette. «Riteniamo che il problema sia circoscritto» ha ripetuto ieri, nella conferenza stampa organizzata dall’Usl7, anche il dottor Marco Cadamuro Morgante, direttore sanitario dell’Usl2, «già venerdì mattina si era conclusa la profilassi».

Nei prossimi giorni il ceppo identificato al Ca' Foncello sarà confrontato con quello che sta seminando il panico in Toscana, per capire se si tratta dell'identico batterio. Il trevigiano colpito non è stato in Toscana di recente, e rispondere alla domanda in apparenza più scontata (come, e dove, si è preso la malattia?) varrebbe il Premio Nobel. «Probabilmente è entrato in contatto con un portatore sano», hanno spiegato le autorità sanitarie, «c'è chi ospita all'interno del proprio organismo il meningococco senza che questo si depositi nelle meningi, impossibile capire con esattezza come sia scaturita la malattia». I familiari sono stati sottoposti alla prova tampone, nessuno è risultato positivo.

«Niente a che vedere con i casi esplosi nel 2007 nel Coneglianese» spiega il dottor Giovanni Gallo, Servizio di Igiene Pubblica dell'Usl2, «quella fu una vera epidemia, con un focolaio originato in alcune aree circoscritte e con casi secondari, che in genere sono molto rari. Aver sottoposto subito a profilassi le persone che erano a contatto con l'uomo ci fa stare più tranquilli».

Per l’Usl2 della Marca Trevigiana, nata sei giorni fa, un battesimo di fuoco: dall’inizio dell’anno a oggi la nuova azienda sanitaria ha dovuto fare i conti con un'anziana morta per il tetano a Conegliano, un'altra ricoverata per meningite da pneumococco (non trasmissibile) a Montebelluna, e ora con questo caso. «Adesso però non corriamo al pronto soccorso appena ci sale la febbre» raccomanda Benazzi, preoccupato per il rischio psicosi che l’imminente arrivo dell’influenza stagionale rischia di generare tra i cittadini. «Bisogna rivolgersi al medico di famiglia, che è perfettamente in grado di fare una diagnosi differenziale tra influenza e meningite» continua Benazzi, «una differenza banale? Con la febbre, per quanto alta, riesco ad alzarmi dal letto. Con la meningite no».

 

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