Il paese si schiera con Roberto e Daniela

CASTELFRANCO. A Sant’Andrea è praticamente impossibile raccogliere pareri non positivi sulla casa famiglia Il Pettirosso e soprattutto su Roberto Campagnolo e Daniela Bavaresco, la coppia che la gestisce da oltre dieci anni.
La frazione castellana si è trovata improvvisamente al centro dell’attenzione nazionale per le accuse mosse da alcuni ex ospiti che si sono detti vittime di punizioni eccessive.
Accuse che non sembrano aver in alcun modo incrinato il rispetto e la considerazione per questa realtà. E di fronte al clamore dei mass media non mancano le proposte di una presa di posizione generale a difesa di questa esperienza.
Le iniziative. Qualcuno parla di raccolta di firme, altri vorrebbero mettere in atto una controinformazione, giocandosi la faccia in prima persona. «Bisogna anche capire se servirà a qualcosa». Già più di qualcuno, all’epoca in cui si è cominciato a indagare sui fatti, ha preso carta e penna per redigere dichiarazioni per difendere Il Pettirosso da accuse così gravi per chi si occupa di minori in difficoltà.
Anche oggi a Sant’Andrea oltre il Muson a quelle accuse non crede nessuno. Anche se al bar non manca chi esprime il beneficio del dubbio: «Purtroppo capita che persone che pensi di conoscere davvero bene nascondano aspetti che neanche ti immaginavi. Per come conosciamo il Pettirosso è impossibile crederci, ma non si può mai dire. Speriamo che venga fatta presto chiarezza, speriamo che sia stato tutto un fraintendimento. Può capitare anche questo».
Il parroco. Il Pettirosso è una realtà che a Sant’Andrea viene considerata appartenente a tutti. Anche il parroco, don Giuseppe Furlan, non ha che parole di elogio per quanto realizzato da Daniela e Roberto. «Non posso che confermare lo sconcerto e l’incredulità per le notizie che riguardano questa coppia, sentimento condiviso in parrocchia e in tutta la comunità», dice il prete, «Esprimiamo solidarietà e vicinanza a Roberto e Daniela, riservandoci di esperire altre vie per manifestare il nostro appoggio a una esperienza significativa che, insieme ad altre similari, testimonia l’accoglienza e la sensibilità verso le persone meno fortunate». Tra queste, ad esempio, il gruppo di volontariato che si occupa dell’Africa, ben visibile soprattutto nella sagra estiva di Sant’ Andrea.
Il comitato sagra. E proprio ieri sera si è tenuta la riunione dei volontari della sagra in previsione dei prossimi appuntamenti: e anche qui non poteva fare capolino un riferimento alla vicenda del Pettirosso. Già, perchè sia Roberto che Daniela, insieme ai loro piccoli ospiti partecipano attivamente a questo momento. Anzi, come racconta uno dei volontari, vi contribuiscono in modo non indifferente: insieme ai “suoi” e ad altri ragazzi della frazione Daniela organizza la raccolta differenziata durante la sagra che, oltre a far bene all’ambiente, ha anche il vantaggio di portare qualche soldino sotto forma di contributo.
Roberto e Daniela. Ma qual è lo stato d’animo della coppia dopo che sono deflagrate le notizie che li riguardano? Chi li ha potuti incontrare riferisce che continuano ad essere sereni auspicando che la vicenda si chiuda quanto prima, soprattutto in riferimento ai bambini. Che, come riportato ieri, non vivono in un ambiente separato da tutto e da tutti, ma invece sono inseriti nella vita nella comunità, frequentando la scuola, il catechismo, anche facendo i chierichetti.
I genitori. Per i genitori della scuola elementare alcune descrizioni fatte del Pettirosso sono esagerate. «Chi ha parlato di lager non ha mai visto neanche da lontano quella casa. Se c’è una struttura trasparente in tutti i sensi, seppur in aperta campagna, è proprio questa».
In casa. Proviamo a passare di lì: Roberto non ha perso la sua cordialità, ma si capisce dal suo sguardo che le cose sono cambiate. Fermo nel proposito di non commentare in nessun modo la vicenda risponde solo a un «come va»? «Beh, peggio di ieri, come si può immaginare. Con l’attenzione dedicata a questa brutta vicenda, è normale che anche chi ti conosce da anni voglia saperne di più. Anche se tu, ovviamente, non vorresti parlarne». Daniela è a fare la spesa, insieme a uno dei ragazzi: è impensabile, considerato il trambusto creatosi intorno alla casa di via Stradazza, che non abbiano intuito qualcosa. Riferiamo a Roberto le intenzioni di tanta gente di esprimere in concreto la loro solidarietà, nelle modalità che verranno ritenute più opportune. Lui si limita a sorridere. È ovvio che in questi frangenti fa piacere sentirsi dire certe cose. Ma per lui – ed è l’unica cosa che riusciamo a tirargli fuori sulla vicenda - è importante ben altro. «In questo momento, l’unica cosa che ci interessa è che la vicenda venga chiarita definitivamente. E riprendere la nostra tranquillità». Un plurale che si capisce non vale solo per lui e Daniela, ma soprattutto per quei ragazzi che qui hanno trovato una nuova casa.
Il processo. Intanto il prossimo ottobre, assistiti dal loro legale Fabio Pavone, dovranno affrontare il processo. Contro di loro ci sarebbero le testimonianze di quattro ragazzini. Ma, per molti, dietro alla vicenda c’è la rivalità di altre strutture che si occupano di accoglienza di minori in difficoltà.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso