Il lungo addio di Remo Sernagiotto la morte dopo una settimana di agonia

Una settimana di agonia. Fino a ieri pomeriggio, quando il suo cuore si è fermato per sempre. Remo Sernagiotto è morto ieri alle 15,30 all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Non gli hanno dato scampo i gravi danni cerebrali causati da una carenza di ossigeno dovuta all’arresto cardiaco che lo aveva colpito lo scorso 23 novembre, di mattina, mentre era a casa. Una notizia che si era subito diffusa, quel giorno, lasciando sgomento il mondo della politica trevigiana e i tanti amici di Sernagiotto, che hanno passato giorni di apprensione, stretti intorno alla famiglia di Remo, sperando in un recupero che fin da subito il quadro clinico mostrava essere impossibile.
l’agonia
Ieri il cuore di Remo Sernagiotto si è fermato, aveva solo 65 anni. A seguirlo da vicino, in questa lunghissima settimana di agonia al Ca’ Foncello, oltre alla famiglia, il primario di Cardiologia Carlo Cernetti: «Lo ho seguito dal primo giorno di ricovero, già lunedì era arrivato in ospedale in condizioni disperate. Abbiamo però, come sempre, tentato tutto il tentabile. Sernagiotto ha avuto una grave sofferenza legata alla carenza di ossigeno al cervello dovuta all’infarto. È la cosa peggiore che può succedere quando il cuore si ferma per alcuni secondi o non è comunque in grado di ossigenare nel modo corretto gli organi. Sernagiotto è rimasto in quello stato decine di minuti, prima dell’arrivo dei soccorsi, con una ipossia marcata e quindi, quando il cuore è ripartito, a quel punto il danno al cervello era purtroppo molto avanzato, come capita tante volte con gli arresti cardiaci. All’ospedale è stato quindi applicato il protocollo legato all’arresto cardiaco, che prevede oltre all’assistenza cardiovascolare la valutazione dello stato di sofferenza». Una situazione apparsa fin da subito drammatica, giorni di assistenza continua fino a ieri, quando il cuore di Sernagiotto si è arreso. E subito sono partiti i messaggi di cordoglio del mondo della politica e della società civile.
la carriera
Nato a Montebelluna 65 anni fa, imprenditore, Remo Sernagiotto è stato uno dei protagonisti di Forza Italia in Veneto. La sua storia politica iniziò da capogruppo di Forza Italia nel consiglio comunale di Montebelluna, dal 1998 al 2002. Fu consigliere regionale per la prima volta nel 2000, rieletto nel 2005 e nel 2010, nominato assessore regionale dal presidente Luca Zaia. Furono gli anni della sua ascesa nel partito, non priva di scontri e tensioni con le altre correnti degli azzurri. Nel 2014 Sernagiotto lasciò gli incarichi in Regione perché eletto al Parlamento europeo. Iniziava un’altra avventura ma sempre con un occhio sulle dinamiche locali del partito. fino al 2015, anno del doloroso addio a Forza Italia per passare dal gruppo PPE al gruppo ECR, schierato con i Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto. L’ultima candidatura nel 2019 sempre alle elezioni europee, in corsa insieme a Fitto nella lista di Fratelli d’Italia, ma Sernagiotto quella volta non venne rieletto.
l’èra azzurra
La sua figura politica resta comunque legata soprattutto all’avventura nel partito di Silvio Berlusconi, dal 2000 in poi, non solo da assessore regionale azzurro dal 2010 al 2014. Sernagiotto guidò Forza Italia nella Marca e in Veneto quando gli azzurri viaggiavano con il vento in poppa alle urne. Mitici i vertici nella sua Country House di Crocetta del Montello. E quando coordinatore provinciale venne eletto Fabio Chies, dietro di lui giganteggiava la figura di Remo. Non c’era davvero foglia che si muovesse senza che Remo non lo sapesse o lo volesse. E sua molto spesso era l’ultima parola quando si trattava di stringere gli accordi elettorali con la Lega, ai tempi in cui lo schieramento classico del centrodestra più il Carroccio non aveva avversari. Non mancarono i confronti anche accesi, nel partito di Berlusconi, con nomi di punta come i Fabio Gava, i Maurizio Sacconi (che scintille tra i due, ma sempre con eleganza), i Renato Brunetta. Sernagiotto menava sentenze, quando si trattava di stringere le somme politicamente parlando. Un esempio? Nel 2013, con il Pdl allora spaccato sul nome di Gentilini per le comunali di Treviso, con Sacconiani e Galaniani a preferirgli il patròn del caffé Zanetti. Remo Sernagiotto avvertì: «Deve passare l’accordo con la Lega, e quindi la candidatura di Gentilini, come prevedono i patti. Altrimenti il coordinamento provinciale verrebbe smentito, e quindi si dovrebbe tornare al congresso». E così fu, anche se si persero le comunali di Treviso.—
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