Il giro d’Italia con due cuori e zero euro

CONEGLIANO. Negli ultimi metri della loro avventura lunga 5470 chilometri, dei quali 1319 percorsi a piedi, per un totale di 0,63 euro spesi, hanno dovuto trattenere le lacrime. Ad attenderli, striscione e palloncini, la mamma Susi, il fratello Manuel, nonni e cugine e amici e come sottofondo la canzone preferita di Matias, “One love” di Bob Marley. Nicola Bridda, 22 anni e Chiara Cestari, 20 anni, ce l’hanno fatta. Dopo 80 giorni e un giro dell’Italia tutto sull’onda del ricordo di Matias Schincariol, l’amico del cuore annegato nell’ottobre del 2016 a Fuerteventura, hanno fatto ritorno a casa, in via Maggior Piovesana a Conegliano. Insieme a Matias e altri amici, l’anno scorso, si erano trasferiti nelle isole Canarie, per costruirsi una vita. Purtroppo però quel sogno è stato spezzato.
Loro, per “esorcizzare” la perdita di un amico che era come un fratello, hanno scelto di fare un viaggio a piedi dell’Italia senza soldi. L’hanno raccontato nel blog “Toccare il mondo”, pieno di aneddoti e di storie attraverso un’Italia che si è dimostrata generosa e ospitale. «La scomparsa di Matias ci ha profondamente segnato, ci ha fatto riflettere sulla fragilità della vita - racconta Nicola - questo viaggio ha rafforzato l’idea di non fermarsi alle paure che ti mettono in testa le persone, di seguire i propri sogni, di non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e di pensare positivo. I posti che mi sono rimasti nel cuore? Tanti. Di certo Ostuni, per la sua bellezza, per il panorama dall’alto e anche perché qui c’è stata l’ultima vacanza di Matias. Ma anche la riserva dello zingaro, a San Vito Lo Capo in Sicilia, e le risaie di Vercelli».
I momenti difficili non sono mancati. «Quando le forze sembravano essere sul punto di abbandonarci, dopo chilometri sotto il sole cocente, in una strada ad alto scorrimento, arrivava il passaggio giusto - spiega Nicola - le persone sono generose e a noi l’hanno dimostrato continuamente. C’è chi doveva darci un passaggio e poi ci ha “costretti” a soggiornare per ben 4 giorni a casa sua. C’è chi ci scrive ancora per sapere come va il nostro viaggio. C’è chi, come un ragazzo senegalese, ci ha conosciuto in un parco e ci ha portato a casa da lui, nella cooperativa dove viveva, dandoci un materasso per dormire. Le cose belle sono state tante. Vedere un tramonto diverso ogni sera, i gesti generosi delle persone. Di fatto, ci sono mancati un frigo, il letto, fare la doccia e andare in bagno in comodità. Ora, ci godiamo la stabilità e il lusso di stare a casa, ci riposiamo, staremo con famiglia e amici. E chissà, magari scriveremo un libro su questa lunga avventura...».
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