Il boom della bici che pare la Graziella

Ditta di Varese rilancia sul mercato l’idea della scomponibile mini che fece la fortuna della Carnielli negli Anni Sessanta
Di Francesco Dal Mas

VITTORIO VENETO. Rinasce la Graziella, la mitica bicicletta scomponibile che dal 1964 sfondò nei mercati internazionali, per iniziativa di Teodoro Carnielli. La "Dudebike", davvero micro, pieghevole, il prezzo popolare (da 290 a 390 euro) non viene però prodotta in riva al Meschio, dove i capannoni della Carnielli resistono all’abbandono, ormai da decenni, né in altro stabilimento trevigiano.

A sfornarla è un imprenditore di Varese per conto di Enrico Aprico che si avvale soprattutto dell’e-commerce e che è riuscito a piazzare il design esposto in un negozio di New York (l’M5 a Brooklin) e ospitato da diversi shop online. Si badi, non è la la tradizionale Graziella, perché il marchio ce l’ha Bottecchia Cicli, che l’ha rimesso in produzione tre anni fa. Ma è qualcosa che molto le assomiglia e che sta registrando un successo esponenziale. La confezione del nuovo prodotto, infatti, è molto contenuta e, quindi, viaggia verso ogni angolo del mondo senza particolari ostacoli. Di Marca sono i freni, confezionati dalla ditta Saccon di Codognè, vicentini i campanelli, della Bell snc di Rosà. «Mi fa piacere che questa tradizione, culturale quanto economica, continui a perpetuare la memoria di Vittorio Veneto» è il primo commento del sindaco, Roberto Tonon «mi dispiace soltanto che non sia un investitore vittoriese a rinverdire questo mito, così indissolubilmente legato alla storia della città». Disegnata da Rinaldo Donzelli, la bici ha trovato produzione per un ventennio in centro città, poi è stata trasferita in zona industriale. Ma tra le fabbriche di San Giacomo la nuova Carnielli non ha avuto fortuna. Trasferita la produzione nel settore della strumentazione da palestra, l’azienda è finita in crisi. Rilevata da un imprenditore padovano, ha chiuso definitivamente. E a poche centinaia di metri ha registrato la stessa fine un’altra, autorevole casa di biciclette, l’Aurora. «Non ha retto alla concorrenza spietata dei cinesi, ma la proprietà ha riconosciuto ai dipendenti ogni diritto» ricorda il sindacalista Alessio Lovisotto «si pensi che nella stagione d’oro vi lavoravano 70 vittoriesi, ridottisi a poche unità,negli ultimi anni». Una quindicina, invece, quelli lasciati per strada dalla nuova Carnielli. «Anch’io ho lavorato alla Graziella» ricorda, orgogliosamente, l’ex sindaco Toni Da Re «e per quegli anni era un onore partecipare ad un’avventura che era pari, nell’immaginario collettivo, a quella della Fiat». Tempi d’oro, quelli, per l’industria vittoriese: dalla tessitura alle bici. «Ricordo che dai cancelli della Carnielli» fa sapere Da Re «usciva una vagonata di bici al giorno». Oggi, a malapena, resiste qualche negozio di due ruote. Il resto purtroppo è malinconia.

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