I tre calici del Gambero Rosso al suo “Giustino B.” Superiore
VALDOBBIADENE. Il nome di Giustino Bisol, scomparso all'età di 100 anni nella sua abitazione di Montebelluna, rimarrà legato al prodotto di punta della Cantina Ruggeri, anche adesso che l'azienda è di proprietà di una società tedesca. È un vino che si è meritato i tre calici del Gambero Rosso il “Giustino B.”, un Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg che era nato da una selezione di storiche vigne, in alta e media collina, di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol per festeggiare i 50 anni di lavoro di Giustino Bisol, il fondatore della Ruggeri. Era stato lanciato in occasione dei 50 anni di attività del fondatore della Cantina Ruggeri ed è sempre il prodotto di punta dell'azienda vinicola di Valdobbiadene.
Anche oggi che non è più di proprietà della famiglia Bisol. È stata infatti ceduta nel 2017 alla società tedesca Rotkappchen-Mumm-Sekt-kellereien GmbH, con sede a Unstrut, nel land della Turingia in Germania, una società che è uno dei maggiori produttori di spumanti, superalcolici e vini, un colosso del settore che conta 608 collaboratori, 5 siti produttivi, 911 milioni di fatturato grazie alla vendita di 253 milioni di bottiglie all'anno e che dal 2017 nel suo portafoglio ha appunto uno dei marchi più noti del distretto del prosecco. La Cantina Ruggeri appunto, una storica azienda di Valdobbiadene che ha 250 conferitori e lavora ogni anno circa 30mila quintali di uva, una cantina che è stata tra le prime a nascere nelle colline di Valdobbiadene ed è stata tra le artefici del successo del prosecco nei mercati internazionali.
Adesso se ne è andato il patriarca del prosecco, quel Giustino Bisol che nel 1950 aveva intuito le potenzialità di quel vino da spumantizzare e da imporre nei mercati internazionali e lunedì il mondo dei viticoltori sarà in Duomo a Montebelluna a dare l'ultimo saluto a chi ha aperto una strada che è diventata un successo imprenditoriale mondiale e oggi vede, nelle colline di Valdobbiadene, la presenza di una cantina praticamente dietro ad ogni curva delle strade che si inerpicano verso Saccol, Santo Stefano, San Giovanni e San Pietro di Barbozza. —
E.F.
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