I tentacoli della camorra nella Marcaarrestato il basista del clan Moccia
Infiltrazioni della Camorra nella Marca. Lo ha messo nero su bianco il gip di Napoli Maria Foschini, che ha firmato i 72 ordini di arresto chiesti dalla Dda contro il clan Moccia. Tra gli arrestati, Antonio Barra, 44 anni, ex pizzaiolo di Vedelago, ritenuto il referente del clan nella Marca per truffe e riciclaggio

Antonio Barra
TREVISO.
La Marca e il Veneziano erano diventati territorio di conquista e saccheggio: qui veniva ripulito il denaro sporco attraverso prestiti ad usura e qui, con truffe ed estorsioni, si facevano altri soldi da destinare alle cassaforti della camorra. A quella del clan Moccia per l’esattezza, uno dei più forti e temuti gruppi della criminalità organizzata campana.
E' quanto contesta la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nell'ordinanza firmata dal gip Maria Vittoria Foschini che lo scorso 9 luglio ha portato in cella 72 persone con l'accusa di associazione camorristica. Tra gli arrestati c'è Antonio Barra, nato ad Afragola 44 anni fa, fratello di Angela Barra (pentita ed ex amante del boss dei Casalesi Francesco Bidognetti) per molto tempo pizzaiolo a Vedelago, trasferitosi poi a Chioggia dove ha abitato con la moglie negoziante prima di essere rinchiuso a Padova.
Tra i campani finiti in cella ci sono anche quelli che in Veneto arrivavano e si fermavano il tempo necessario per taglieggiare gli imprenditori. Si tratta di Biagio e Vincenzo Zanfardino detto Pinuccio'o Purpaiuolo, Filomena Russo, Giuseppe Gravante alias Peppe di Portico, Michele Tartaglione detto Stracciapelle, Carlo Gallo. Ma è Antonio Barra - ritiene la Dda - l'uomo della camorra a Treviso e Venezia.
Il suo è un nome noto alle cronache giudiziarie, associato per lo più a reati di truffa: 24 fascicoli aperti in Procura a Treviso, senza contare le successive denunce inanellate nel Veneziano. Nel 2002 Barra finisce nei guai per aver ripulito assegni rubati girandoli a imprenditori del legno e per aver truffato, con lo stesso sistema, antiquari e gioiellieri. Nel 2003 va a processo per aver pagato merci con assegni protestati e viene coinvolto in un'inchiesta per un traffico di coca ed ecstasy.
Ma è soprattutto l'anno in cui finisce sotto accusa per il racket delle pizzerie: minacce ai titolari di alcuni locali di Treviso per indurli a cedere l'attività. Questo il background, ben più pesanti le accuse attuali. L'ordinanza di Napoli contesta infatti il reato di associazione camorristica e lo indica come uno degli affiliati al clan Moccia; gli indagati - sostengono i magistrati - avrebbero commesso a vario titolo «una serie indeterminata di delitti di estorsione, usura, abusivo esercizio di attività finanziaria, falso, riciclaggio e reimpiego di beni» al fine tra l'altro di acquisire il controllo egemonico sul territorio attraverso l'imposizione di tangenti estorsive a imprenditori edili, commercianti e altri operatori economici, di acquisire attività commerciali dai suggetti usurati stretti nella morsa creditoria.
Il «capitolo» in cui Barra figura con altri indagati fa riferimento a denaro del clan. provento di attività illecite, investito «prestandolo a terzi a tasso usurario». Altra accusa: aver effettuato il recupero dei crediti vantati estorcendo, minacciando, picchiando i debitori riottosi. Diversi gli episodi accaduti nel Veneziano nel periodo aprile-maggio 2005, riferiti a imprenditori vittima di usura. S.S. sarebbe stato minacciato di morte da Barra e dai due Zanfardino perché non pagava gli interessi.
Stessa sorte per A.S. costretto a consegnare capi d'abbigliamento a fronte di un tasso del 257% annuo e per L.S. che dopo aver avuto un prestito al tasso del 10% mensile si sarebbe sentito rivolgere da Zanfardino e Gallo frasi del tipo «ti rompo la testa, ti vado a martellare tua moglie». Nel dicembre 2004, era toccato a M.P., anche lui destinatario di un prestito al 10% e anche lui minacciato pesantemente da Barra, Zanfardino, Gravante e Tartaglione. Per Barra, difeso dall'avvocato Guido Galletti, accuse pesantissime.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso
Leggi anche
Video