I parrocchiani di Preganziol contro don Flavio, malato di gioco: «Offerte buttate al vento»

Rabbia e stupore per il sacerdote originario di Preganziol che ha sperperato 500 mila euro al gioco. «È sempre più difficile avere fiducia dei preti»

PREGANZIOL Non è nemmeno sconvolta la comunità della parrocchia dei Santi Vito e Modesto di Spinea alla notizia che il loro ormai ex, il parroco, l’uomo che dovrebbe capire e ascoltare i problemi della gente, che dovrebbe essere forte e dare forza, in realtà è debole come tutti gli esseri umani.

Talmente debole da riuscire a non porre un freno alla sua passione per il gioco d'azzardo, talmente debole da non riuscire più a contenersi e a giocarsi nel giro di pochi anni, dal 2014, ben seicento mila euro sottratti alle offerte dei fedeli.

All'indomani della notizia che don Flavio Gobbo, originario di Preganziol, ha sperperato oltre mezzo milione di euro che serviva per costruire l'oratorio, la gente non si strappa i capelli. Un po’ perché il caso era scoppiato nell'autunno del 2016, un po' perché i fedeli, sebbene pieni di fede, hanno un approccio laico

. E i commenti, anche quelli più offensivi, anche quelli più colorati, volano e non tardano a farsi sentire. «A Padova i fa (...), a Spinea i magna schei», dicono alcuni cittadini. E infatti tutti si ricordano che oltre ai malati di gioco, ci sono anche quelli malati di sesso Noto è il caso di don Andrea Contin, l'ex parroco di San Lazzaro, nel padovano, che l'altro giorno ha patteggiato un anno, pena sospesa, e un risarcimento da 11 mila e 500 euro per lesioni personali aggravate e minacce nei confronti di una sua ex amante. Lui è quel parroco che organizzava festini e orge in parrocchia.

E ora tocca don Gobbo, che anche lui patteggia due anni di reclusione per quel buco di circa 600 mila euro. Un buco che tramite un accordo transattivo si è riproposto di restituire, a rate, almeno in parte. «Vorrei vedere se fosse stato un comune cittadino, se gli sarebbe stato offerto un trattamento del genere», dicono da Spinea. «Con il perdono si risolve tutto no?», dice ironicamente qualcuno. Ma ciò che appare è la totale sfiducia verso un'istituzione che dovrebbe reggersi sulla fede.

«C'è ancora gente che dà soldi alla Chiesa?», commenta una donna, «Io alla Chiesa non do più nulla, mi sento tradita, offesa, che schifo». «Il suo ruolo dovrebbe essere quello di guida spirituale», dice una parrocchiana. Qualche altro invece capisce anche la dipendenza che affligge il don e che lui ha deciso di curare. Ma soprattutto qualcuno lamenta il fatto di come questi imponenti giri di soldi stiano nelle mani dei preti. «Come fa a restituirli ora?», chiede qualcun altro. «È da tempo che manca», commenta un residente, «ma tutti sapevano, o almeno sospettavano qualcosa». «Io non lo sapevo», dice una cittadina spinetense, «non frequento la chiesa e ora la frequenterò pure meno».

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso