Goppion, a Treviso un caffè lungo 70 anni

TREVISO. Settant’anni e tre generazioni “nella pancia della gente”, come dice Paola Goppion. Cinque, se si considerano anche i nonni e bisnonni che a fine Ottocento gestirono il primo, piccolo bar che faceva il caffè sulle rive del Sile a Lughignano. Da Luigi Goppion, orfano non riconosciuto al quale nel 1859 venne attribuito quel cognome veneto ma assai poco diffuso, a Sergio Goppion, attuale presidente della torrefazione che ha sede lungo il Terraglio a Preganziol, corre tutta la storia di una famiglia, di un’azienda, di una città.
Dal bar di Lughignano, appunto, alla prima torrefazione vera e propria fondata nel 1948, in centro a Treviso, quando i fratelli Angelo, Giovanni, Ottorino e Olivo acquistarono la Trevigiana Caffè e poi si spostarono a Caracas, in Venezuela, per fondare la “Café San Antonio – Hermanos Goppion”. Fino all’impero commerciale di oggi, che lavora più di un milione e 200 mila chilogrammi di caffè ogni anno, dà lavoro a 35 dipendenti e fattura quasi 12 milioni di euro portando il celebre marchio, la “G” rossa su sfondo nero, in trenta Paesi nel mondo.

In settant’anni di torrefazione la materia prima non è cambiata, semmai le abitudini dei consumatori si sono affinate: «La prima vera grande rivoluzione sono state le cialde della Nestlè, una quindicina di anni fa» racconta il presidente Sergio Goppion, «anche noi ci siamo adeguati, ma io continuo a preferire il caffè della moka. E poi sono cambiati i consumatori: la loro sensibilità “salutistica” è molto cresciuta, abbiamo introdotto delle linee di caffè biologico con chicchi provenienti da piantagioni sudamericane in cui non si utilizzano prodotti di sintesi chimica». Dal 2016 anche la sua azienda produce caffè biologico, certificato da Fairtrade e da Ccpb, organismo di certificazione e controllo dei prodotti agroalimentari.
I chicchi tostati e lavorati a Preganziol arrivano soprattutto dal Brasile (circa la metà), poi da altri Paesi centroamericani, dall’Etiopia, dall’Asia. L’azienda fa parte di Csc, Caffè Speciali Certificati, consorzio di dieci torrefattori italiani che promuovono la cultura del caffè di qualità. Oggi Sergio Goppion ha ottant’anni, fino a pochi anni fa viaggiava personalmente a conoscere i fornitori. Il contatto umano è ritenuto fondamentale. Quel compito lo ha trasmesso alla cugina Paola, poi c’è Silvia, la figlia, che garantirà la continuità aziendale. C’è un altro cugino, Mario, che segue gli interessi di altre società collegate all’azienda principale.
«La famiglia ha ancora ben salde le redini dell’azienda» conferma Paola Goppion, «ma qui lavora tutta una squadra che sta insieme da tempo». Nel ventre della torrefazione ci sono, per esempio, Walter e Floriano. Vestiti di bianco, sono i due “nasi” del caffè: annusano, osservano, pesano, coccolano i milioni di chicchi che ogni giorno passano sotto i loro occhi per essere tostati e macinati. C’è una foto che li raffigura intenti ad annusare del caffè, Goppion la utilizzò per una campagna pubblicitaria a inizio anni Duemila. «E lavoravano già insieme da tempo» ricorda il presidente Sergio, «direi che hanno un percorso professionale condiviso di almeno trent’anni».
Paola, responsabile delle relazioni pubbliche dell’azienda, sta pensando a cosa organizzare per i settant’anni. Nello stabilimento di Preganziol c’è una saletta di rappresentanza con le foto che hanno fatto la (loro) storia: i fratelli Goppion all’inaugurazione della torrefazione nel 1948, Angelo Goppion in Etiopia nel 1936, dove gestiva una rivendita di prodotti italiani. Le sfide per i prossimi anni riguarderanno le nuove linee bio, la conquista di fette sempre più importanti di export (oggi la quota di esportazioni è del 20 per cento), la continuità aziendale.
«Siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui» racconta Sergio, «dalla nascita dell’impresa abbiamo sempre continuato a studiare, selezionare e lavorare i migliori caffè di tutto il mondo. Non siamo invecchiati, ma abbiamo fatto esperienza. C’è una nuova generazione pronta a subentrare. Per il futuro faccio una previsione: la qualità vincerà perché il consumatore sarà sempre più esperto. Vi ricordate quando si entrava nei bar a chiedere una “ombretta”, mentre oggi tutti chiedono un vino ben preciso? Con il caffè succederà la stessa cosa».
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