Giuseppe, il podestà ebreo mai iscritto al partito fascista mandato a morire nel lager
LA STORIA
Quella di Giuseppe Luzzatti è una vicenda abrasiva, persa troppo presto tra le pieghe della memoria e rievocata solo di tanto in tanto, grazie al lavoro degli storici locali e degli studenti. Come il lavoro delle classi 3aC e 3aE della scuola media di San Vendemiano, guidati dalle professoresse Chiara Cester e Vania De Marchi, con la supervisione della dirigente scolastica Laura Rossetto. Oggi la scuola sarà premiata on line in una cerimonia in diretta da Roma, con la presenza del Presidente della Repubblica, del Ministro dell’Istruzione e del presidente delle Comunità Ebraiche.
IL SINDACO-PODESTà
Giuseppe Luzzatti, di famiglia veneziana, nato il 5 maggio 1873, era figlio del fratello di Luigi Luzzatti, presidente del Consiglio dei ministri dal 1909 al 1911. Viveva a Zoppè di San Vendemiano con la sorella Enrichetta, possedeva una ventina di ettari di campi coltivati. Luzzatti fu il principale promotore di un consorzio stradale, della cooperativa di consumo del paese e anche di un essicatoio, contribuendo al progresso economico della zona. Eletto sindaco nel 1923, diventò poi podestà, tre anni dopo. Di pensiero liberale, come il più illustre zio, rifiutò sempre la tessera del partito fascista. Con l’avvento delle leggi razziali Giuseppe e la sorella caddero rapidamente in disgrazia.
LA LETTERA A MUSSOLINI
Il 16 gennaio del 1939 Luzzatti chiese alle autorità la “discriminazione”, ovvero la possibilità di essere sottratto ai provvedimenti previsti per gli ebrei in virtù dei suoi meriti amministrativi e politici (tra cui il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Mussolini, che per la verità gli fu sollecitata dalle autorità di Conegliano). Dopo il rifiuto, il 9 novembre dello stesso anno scrisse una lettera di suo pugno a Benito Mussolini, chiedendo pietà per sé stesso e la sorella, “due infelicissimi vecchi”. Non servì a nulla, non ci fu risposta.
L’ARRESTO E LA FINE
Un mese dopo partì l’ordine di arresto dalla questura di Treviso, per i fratelli Luzzatti e per altre decine di ebrei. Enrichetta ebbe la fortuna di morire prima dell’orrore, stroncata da una polmonite il 15 gennaio del 1944. Venti giorni dopo fu disposto il sequestro dei beni dell’ex podestà: non solo i campi e la casa, ma perfino il letto, i bauli, i tavoli, quattro sedie rotte. La mattina del 6 novembre dello stesso anno Giuseppe, ormai 71enne, fu arrestato dai nazisti a Zoppè. Era troppo stanco e malato per cercare di scappare e nessuno, probabilmente per la paura di rappresaglie, lo aiutò a nascondersi. Fu caricato su una corriera con destinazione Trieste, Risiera di San Sabba, centro di smistamento dei nazisti, e poi, secondo l’ipotesi più accreditata, il 28 novembre fu fatto salire sul convoglio 41/T con destinazione Ravensbruck, un campo di concentramento novanta chilometri a nord di Berlino dove la sua vita finì in una camera a gas. —
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