«Fu riciclaggio: giusto licenziare Tottolo»

Monastier. È stato giusto e legittimo da parte della Bcc di Monastier licenziare l’allora direttore generale Giannino Tottolo, colpevole di aver violato la normativa antiriciclaggio per aver intestato a un sacerdote salesiano – del tutto ignaro – trecento milioni di lire di proprietà di un imprenditore locale, che non voleva ci fosse traccia a suo nome di quel denaro di dubbia provenienza. Una vicenda clamorosa e che ha portato a una durissima guerra legale tra la banca stessa e l’allora direttore generale e dominus dell’istituto di credito cooperativo. Ora, dopo quasi dodici anni nei tribunali, arriva la parola fine: Tottolo, ormai sulla soglia degli ottant’anni di età, ha rinunciato al ricorso in Cassazione, rendendo così definitiva la sentenza della Corte d’appello di Venezia che stabilisce la liceità del suo licenziamento.
Soldi sporchi
La vicenda aveva fatto scalpore, con quel fulmine a ciel sereno nel febbraio 2008: direttore generale licenziato in tronco dalla Banca di Monastier e del Sile. Nel 2015, a sette anni di distanza, il tribunale di Treviso aveva bocciato il ricorso di Tottolo, giudicando legittimo il licenziamento ed entrando anche nel merito della vicenda: l’ex dg agevolò la violazione della normativa antiriciclaggio, intestando fittiziamente dei certificati di deposito per un valore di trecento milioni di lire a un soggetto ignaro, un sacerdote salesiano, attraverso «un’operazione così sospetta – scrisse il giudice nella sentenza – da rendere sostanzialmente certa la provenienza illecita del denaro». Denaro che arrivava, in contanti, da un noto imprenditore della zona roncadese. L’istituto di credito cooperativo, difeso in giudizio dagli avvocati Marco Zanon e Leonardo Bolla dello studio BM&A di Treviso, aveva insomma il pieno diritto di licenziare il direttore generale a seguito dell’emersione della vicenda: per questo motivo il giudice del lavoro del tribunale di Treviso respinse il ricorso di Tottolo, che aveva chiesto danni patrimoniali oltre che morali e di immagine per ben 863 mila euro. Contro quella decisione Tottolo aveva presentato ricorso ma la Corte d’appello di Venezia lo scorso 22 maggio ha confermato la sentenza: licenziamento legittimo. Ora sono scaduti i termini per presentare l’ultimo ricorso, in Cassazione: quella sentenza diventa definitiva.

Il terremoto
Direttore sospeso per mano del consiglio di amministrazione. Causa al giudice del lavoro e riammissione. Ispezione della Banca d’Italia. «Impedimento» forzato e porta chiusa quando lo stesso direttore cercò di tornare al proprio posto di lavoro. Erano stati giorni tesissimi quelli tra gennaio e febbraio del 2008, alla Banca di Monastier e del Sile. Dopo la vicenda, la Procura aprì un fascicolo a carico dei vertici (in primis l’allora presidente Claudio Bin) contestando presunti prestiti facili a parenti e amici in violazione del testo unico bancario (nel 2015 arrivò l’assoluzione). Tottolo, invece, presentò ricorso contro il licenziamento ma la sentenza giudicò «il fatto grave e idoneo a determinare il licenziamento». Il «fatto», come detto, riguarda l’aver utilizzato un ignaro sacerdote salesiano, cliente dell’istituto di credito, come “schermo” per la gestione di denaro versato in contanti da un imprenditore. Tottolo avrebbe chiesto a un direttore di filiale di «reperire un soggetto cui intestare fittiziamente dei certificati nei quali veniva depositata la somma di 300 milioni di lire in contanti» appartenenti all’imprenditore «che non voleva apparire come titolare dei predetti certificati. L’operazione è stata perfezionata con l’accensione di certificati a nome del sacerdote salesiano «tenuto all’oscuro delle operazioni che venivano all’apparenza eseguite a suo nome». Comportamento in totale spregio delle norme anti riciclaggio. –
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