Fondi neri all’estero, Jelmoni a processo

Un “tesoretto” in nero usato per acquistare quote di fondi lussemburghesi. Ad averlo creato, secondo l’accusa, sarebbe stato Alessandro Jelmoni: il broker trevigiano, 49 anni, è stato rinviato a giudizio e comparirà di fronte al giudice a giugno, a Milano. Il capo di imputazione fa riferimento a reati fiscali tra i quali il riciclaggio e la frode, come conferma l’avvocato di Jelmoni, che ha scelto il rito ordinario per cercare di dimostrare la propria innocenza nel corso del dibattimento processuale che sta per aprirsi.
Secondo l’accusa, Jelmoni ha aiutato la famiglia di industriali Giacomini a portare all’estero, sottraendoli al fisco nazionale, oltre 200 milioni di euro. Il consulente finanziario trevigiano era finito in carcere a Verbania dopo l’arresto avvenuto il 16 maggio del 2012: era rientrato dall’estero, dove viveva, per costituirsi. Jelmoni era stato arrestato dalla polizia giudiziaria di Milano nell’ambito di un’indagine della Procura di Verbania: la vicenda aveva coinvolto gli imprenditori novaresi Corrado ed Elena Giacomini e l’ex sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini.
Secondo gli inquirenti, attraverso la sua attività di broker e la gestione di due società lussemburghesi (Giacomini Trust e J&Be), Jelmoni avrebbe contribuito a creare un giro di fatture false, riciclaggio ed esportazione illegale di capitali. In carcere erano finiti gli stessi fratelli Corrado ed Elena Giacomini, per i quali Jelmoni ha lavorato. Secondo l’accusa, gli amministratori della società avrebbero realizzato, attraverso un «collaudato sistema di frode e ripulitura del denaro», un trasferimento «di ingenti somme», si stimano circa 200 milioni di euro, all’estero. Il capo di imputazione a carico di Alessandro Jelmoni fa riferimento a i reati di frode fiscale e di riciclaggio: sarebbe stato proprio il broker trevigiano, iscritto al registro degli italiani residenti all’estero dal 1992, a gestire il trust lussemburghese dei Giacomini, sorta di cassaforte estera nel cono d’ombra del fisco italiano. Ora, a chiusura delle indagini, è stato disposto il rinvio a giudizio: il dibattimento si aprirà a giugno.
Dopo l’arresto, Jelmoni era stato espulso dal consiglio di amministrazione della società di consulenza trevigiana Reginato & Mercante, presieduta dal fratello Paolo: la stessa società aveva preso le distanze dall’operato di Alessandro Jelmoni parlando di azioni eseguite «a titolo personale».
Il broker trevigiano era rimasto in carcere per circa tre mesi. Il nome di Alessandro Jelmoni nei giorni scorsi è spuntato anche nei “Panama Papers”, documenti sulle società offshore nei paradisi fiscali.
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