Finto divorzio per ottenere il sussidio

Coppia over-65 si separa, ma è una messa in scena per incassare l’assegno sociale di 550 euro: la Finanza li smaschera
Di Fabio Poloni

Un finto divorzio per consentire alla donna di incassare un assegno sociale da persona indigente, 550 euro al mese. Lo hanno messo in atto due coniugi trevigiani ultrasessantenni, ora la guardia di finanza li ha beccati e denunciati. I due si sono intascati indebitamente oltre diecimila euro dalla fine del 2014 ad oggi inscenando un divorzio che di fatto non c’è mai stato: il marito non ha mai lasciato il tetto coniugale, lo hanno accertato i finanzieri con telecamere nascoste e infine con una perquisizione domestica che ha fatto trovare vestiti ed effetti personali dell’uomo ancora lì. Altro che valigie.

L’accusa per i due - in concorso - è ora pesante: truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e dell’Inps, ente erogatore dell’assegno sociale. Il sussidio viene erogato - su richiesta - a cittadini che si trovano in condizioni economiche «particolarmente disagiate», come spiega lo stesso Inps. Ha sostituito la vecchia pensione sociale dal 1996. Per ottenere l’assegno è necessario avere i seguenti requisiti: almeno 65 anni e sette mesi di età, stato di bisogno economico, cittadinanza italiana. Il diritto alla prestazione è accertato in base al reddito personale per i cittadini non coniugati e in base al reddito cumulato con quello del coniuge per chi è sposato. Ecco l’idea dei due anziani trevigiani: perché non fingere di separarsi così da far rientrare lei, casalinga, nel diritto all’assegno? Detto fatto.

Ci sono i matrimoni di interesse e pure i divorzi di interesse. A fine 2014, insomma, i due decidono di tagliare ufficialmente il loro rapporto. Lui, ex piccolo imprenditore nel settore dei servizi, ha l’obbligo imposto dal giudice di vivere separato «di letto e di mensa» dalla “ex”. La guardia di finanza, però, tende subito un orecchio discreto sulla vicenda. «Sono verifiche che scattano di prassi in casi che consideriamo potenzialmente sospetti, proprio come quello di un divorzio tra persone over-sessanta», spiega il maggiore Francesco Calimero delle fiamme gialle di Treviso. I finanzieri piazzano una telecamera nascosta che inquadra l’ingresso e iniziano a verificare la presenza dell’uomo nella casa che avrebbe dovuto abbandonare. «Era praticamente sempre lì, pasti e notti comprese», dice Calimero. Per la prova definitiva è scattata la perquisizione domestica: in casa c’erano tutti i beni e gli effetti personali dell’uomo, compresi i vestiti e il fatidico spazzolino. Era chiaro, insomma: il divorzio era una messa in scena e pure mal organizzata.

A rendere la cosa ancora più odiosa dal punto di vista fiscale, se possibile, c’è il fatto che i due non hanno barato di poco per fingersi indigenti: la casa coniugale è di proprietà, e c’è pure una casa al mare. Con uno stratagemma: sono entrambe intestate alla figlia. Quest’ultima però non è perseguibile: non è dimostrabile che sapesse del trucco messo in atto dai genitori.

Oltre alle conseguenze penali, sulle quali sta lavorando la Procura, i due coniugi ne avranno di economiche immediate: dovranno restituire le somme indebitamente percepite dal primo assegno all’ultimo, 550 euro per tredici mensilità da fine 2014 ad oggi, circa diecimila euro in tutto. «Senza il nostro intervento», dicono i finanzieri, «la truffa sarebbe andata avanti a tempo indeterminato». “Finché morte non vi separi”, se non vale per il matrimonio, regge per l’assegno.

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