Festa della Lega ai tempi della crisi

Dai fasti della festa provinciale della Lega a Prato della Fiera - che si teneva in una grande tensostruttura ogni settembre e durava 5 giorni - alle ristrettezze della festa della circoscrizione della Lega di Treviso, che si terrà solo questa sera per poi sbaraccare, in affitto in un capannone di San Pelajo; anticipata la scorsa settimana da quella del circolo di Vittorio Veneto, in attesa di una stiracchiata due giorni provinciale al bocciodromo di Villorba, il 18 e 19 ottobre, per la prima volta fuori capoluogo. Festa vittoriese targata lealisti, festa di San Pelajo dei maroniani.
Feste con i fichi secchi, perché il Carroccio non ha più soldi, e per quella di Treviso si è addirittura trovato a bisticciare con gli Amici di San Pelajo, che hanno costretto la Lega a rinunciare ai locali a ridosso della parrocchia, prenotati in prima battuta, per finire in un capannone di via delle Bottere 2/A, 800 metri dietro la chiesa del quartiere. Inizio festa alle ore 20, previsto il passaggio del governatore Zaia. Cena a pagamento (12 euro) per un menù a base di musetto, nervetti, grigliata, patate fritte e fagioli. Acqua e vino a volontà (birra esclusa). E il classico avviso: «Gradita prenotazione allo 0422-300221». E sempre in casa Lega, i capigruppo a palazzo dei Trecento della Lega e della Lista Gentilini hanno presentato una mozione chiedendo che il consiglio comunale di Treviso appoggi il referendum sull’indipendenza del Veneto: «Siamo certi che tutto il consiglio comunale, così come altri con guida a sinistra, vorrà garantire ai trevigiani e ai veneti la più alta forma di democrazia: quella di esprimersi in una consultazione libera, aperta a tutti. All’ordine del giorno sul referendum per l’indipendenza del Veneto, quindi, auspichiamo un voto unanime e condiviso di tutti i colleghi. Qui non si tratta di votare pro o contro l’indipendenza, su cui ognuno di noi può avere idee diverse. Parliamo di autorizzare una consultazione. Voteremo per dare ai trevigiani un diritto democratico». «Non mi spaventa», dice Mario Conte della Lista Gentilini, «l’esito della votazione in aula: chi nel nome del proprio partito porta l’aggettivo “democratico” non può non garantire ai cittadini almeno il diritto di votare». (a.z.)
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