Fatture finte, l’inchiesta va avanti Gli indagati respingono le accuse

CODOGNè
Un flusso continuo di merce, generalmente di bassa o bassissima qualità, destinato alla grande distribuzione, cioè ai supermercati. Giubbini, pantaloni, felpe, tute, guanti, ma anche sciarpe, scarpe e t-shirt, di fabbricazione cinese o pakistana: tutto comprato in nero, senza uno straccio di fattura, per poterlo immettere sul mercato ad un costo ancora più basso, sbaragliando la concorrenza. L’area pedemontana, da Bassano a Treviso, ma anche le province di Venezia e di Padova, negli ultimi anni avrebbero visto finire nei cestoni dei centri commerciali o dei grandi supermercati i capi di abbigliamento rivenduti dalle società commerciali di Mauro Antoniazzi, 49 anni, di Mareno, tutte con sede a Codognè. È il sospetto della Guardia di finanza, che di recente ha sequestrato a lui e al suo presunto braccio destro Pietro Papes, 56 anni, di Bassano, una villa, due appartamenti, due terreni e quasi un milione di euro nei conti correnti. I due principali indagati (la posizione di diverse altre persone, a partire dai parenti di Papes, a cui erano intestate alcune aziende) sono già finiti a processo davanti al giudice Maria Trenti e al pubblico ministero Parolin, che ha coordinato l’indagine dei finanzieri del gruppo di Bassano. L’udienza è stata aggiornata al 9 marzo prossimo. Devono rispondere, a vario titolo, di svariate ipotesi di evasione fiscale, che vanno dall’emissione all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti fino alla mancata o infedele presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Le cartelle ammonterebbero complessivamente a 24 milioni di euro, dalle stime dei detective comandati dal maggiore Potenza. Il sospetto è che i capi di abbigliamento, dal 2015 al 2019, Antoniazzi li acquistasse fra le altre dalle società “Blu royal srl”, “Glowy srl”, “Made in love di Aiping Ma”, “Xu Zhichen calzetteria” e “Aii sas di Ifrfan Muhammad”, con sedi fra Roma, Rovigo e Napoli. Si tratta talora di imprese che nascono e chiudono in breve, con titolari non sempre rintracciabili, che mirano ad arricchirsi in fretta senza pagare le tasse. Per giustificare gli acquisti, Antoniazzi avrebbe usato le fatture emesse da Papes, in realtà riferite a operazioni che non esistevano se non sulla carta. Va anche detto che Antoniazzi avrebbe usato anche fatture false emesse da altri (come “Horizon srl” e “Red global srl”), e Papes avrebbe fabbricato cartelle anche a favore di altre imprese reali, consentendo di far abbassare loro illecitamente l’imponibile e a pagare meno tasse. A rimetterci solo lo Stato e tutti i suoi servizi. I due imputati contestano la ricostruzione; potranno farlo ora in aula. La sede della Antoniazzi è situata nella zona industriale di Cimavilla, lungo la provinciale Cadore Mare. Lì si riforniscono soprattutto venditori ambulanti che svolgono mercati e distributori di abbigliamento. Il Comune di Codognè non ha mai riscontrato problemi con la ditta. —
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