Fatture false per ripulire il nero: commercialista di Oderzo davanti al giudice

L’inchiesta coinvolge il libero professionista Luigi Marcuzzo e due imprenditori. Tra loro c’è anche Pizzo, l’autore del falso allarme bomba del 2014 in tribunale

ODERZO. False fatture per ripulire il “nero”. Un commercialista e due imprenditori sono comparsi, ieri mattina, davanti al giudice delle udienze preliminari Marco Biagetti, per rispondere di reati fiscali legati al rilascio di fatture false per evadere il Fisco.

Si tratta del commercialista Luigi Marcuzzo, 70 anni, commercialista di Oderzo, di Tommaso Ernesto Pizzo, 54 anni di Scorzè, e di Annita Forniz, 71 anni di Oderzo (difesi dagli avvocati Fabio Crea, Giulia Garbo, Daniele Panico e Fabio Venturino). Pizzo, che per più di vent’anni ha vissuto a Zero Branco e dal 2015 si è trasferito a Scorzè, oltre ad essere finito di recente in un’inchiesta della Dda di Venezia che ha coinvolto anche il clan dei Casalesi, è noto per aver piazzato, nel giugno del 2014, un falso pacco bomba in tribunale a Treviso, proprio il giorno in cui la sua casa doveva andare all’asta. Un fatto questo che gli è valsa una condanna a 5 mesi e 10 giorni in primo grado.

Per tutti e tre, la procura di Treviso ha chiesto il rinvio a giudizio. Nell’udienza preliminare di ieri mattina, davanti al gup Biagetti, sono state formalizzate le richieste dei legali. Gli avvocati Crea e Garbo sono pronti a contestare l’accusa in dibattimento, se il loro cliente non venisse prosciolto in udienza preliminare, mentre i legali di Pizzo e Forniz hanno già formulato richieste di riti alternativi.

Per Pizzo si prospetta un rito abbreviato mentre l’avvocato Panico ha chiesto al gup di poter accedere ad un patteggiamento, anche se la procura si oppone se Forniz non pagherà il debito col Fisco. Il tutto verrà comunque discusso all’udienza di marzo. Nel corso della stessa udienza, Biagetti dovrà anche esprimersi sull’eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile di Pizzo sollevata dall’avvocato Garbo. Pizzo infatti accusa il commercialista di aver architettato il tutto a sua insaputa.

Ma veniamo ala vicenda. Pizzo è stato coinvolto come amministratore della Biorisorse di Ponte di Piave, che si occupava, almeno ufficialmente, di fonti rinnovabili e di produzione di energia; in realtà secondo il pubblico ministero Paolo Fietta, che ha condotto le indagini, la società serviva proprio a produrre false fatture per gli imprenditori che a fine anno si trovavano con un po’ di nero da far tornare nei conti.

E qui, secondo gli investigatori, entrerebbe in gioco Luigi Marcuzzo. Il commercialista di Oderzo infatti sarebbe l’anello di congiunzione tra gli imprenditori e Pizzo. Proprio il 54enne di Scorzè ha invece riferito «che Luigi Marcuzzo si occupava della gestione fiscale della Biorisorse srl. Io sono stato amministratore di questa società solo per quattro mesi, poi sono stato estromesso a mia insaputa».

Secondo le indagini svolte dalla Finanza, e partite da un accertamento fiscale sulla Biorisorse nel 2017, il sistema messo in piedi da Pizzo e da Marcuzzo avrebbe consentito dal 2015 al 2017 di ripulire circa 100 mila euro grazie all’emissione di fatture false. Insieme ai due, sono indagati anche i titolari di aziende di Mansuè, Motta e Oderzo, che avrebbero usufruito dei servizi di Pizzo e Marcuzzo, tra i quali anche Forniz.

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