Fanghi velenosi, il giallo del Nerbon

Il Comune di Silea alla caccia di chi inquina. La sospettata TrevisoMare Servizi: «Siamo vittima di un complotto»
de wolaski agenzia foto film silea inquinameto autolavaggio treviso mare
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SILEA. Melme e fanghi con contenuti di metalli oltre i limiti di legge. Scarichi velenosi, abusivi che colano direttamente nel fiume Nerbon e da questo, per caduta, nel Sile con lunghe macchie nere che spaventano i residenti, allarmano i pescatori e ancor di più l’amministrazione comunale. La quale ha deciso di mettersi alla caccia del colpevole di tutto questo scempio ambientale.


Del caso sono informati Arpav, Provincia, carabinieri Forestali, guardie volontarie, Ente Parco Sile, che già nei mesi scorsi sono intervenuti in zona a seguito delle segnalazioni di sversamenti e inquinamenti nel piccolo fiume che taglia la campagna a est del capoluogo.


«È una situazione che si ripete, ma alla quale vogliamo sia messa la parola fine» dice l’assessore all’Ambiente del comune di Silea, Andrea Scomparin, che lunedì è intervenuto in prima persona con i tecnici per l’ennesimo sopralluogo lungo il fiume “appestato”.


A farlo scattare, stavolta, sono stati i responsabili della TrevisoMare Servizi, l’autolavaggio di cisterne di camion e auto lungo la Regionale che conduce al mare che nel giugno scorso era stato accusato di essere l’origine dell’inquinamento.


«Qualcuno ci vuole boicottare» ha fatto mettere agli atti il titolare accusando altri di scaricare fanghi velenosi nel fossato nelle vicinanze del suo impianto.


Anche lunedì, come nel giugno scorso e altre volte (comunque troppe), la scia nera del fango scaricato nel fossato vicino alla TrevisoMare si era allungata fino al Sile, rendendo buia l’acqua davanti all’imbarcadero e alla chiesetta di Cendon, uno dei luoghi più caratteristici e frequentati da pescatori, turisti e famiglie in gita sul fiume.


«Abbiamo chiamato Arpav per effettuare controlli» dice rammaricato l’assessore Scomparin, «ma l’agenzia regionale evidentemente aveva altro da fare e non è uscita per le analisi».


L’agenzia per l’ambiente regionale ha detto di avere già in corso una pratica per l’inquinamento del Sile, ma al Comune non basta: l’amministrazione comunale vorrebbe sopralluoghi ripetuti «ogni volta che si manifestano gli inquinamenti, sarebbe più utile a certificare il fenomeno e magari tracciare la tipologia dei veleni».


Gli esami di laboratorio avrebbero certificato che la macchina nera che si è allargata a giugno nel Nerbon e nel Sile Sile sarebbe stata causata dallo scioglimento nell’acqua di fanghi ad alto contenuto di metalli. L’amministrazione vuole individuarne la provenienza, ma non è facile. Anche per questo, l’anno prossimo farà scattare una campagna di analisi nelle acque dei fiumi del territorio comunale per avere almeno un parametro di riferimento sul quale confrontare dati e rilievi a venire, ma intanto chiede il supporto di tutti gli enti preposti al controllo.


La vicenda è stata oggetto di una segnalazione in Procura, e già da qualche tempo; ma ad oggi questo non sembra essere bastato a mettere la parola fine agli sversamenti fuorilegge.


Telecamere nella zona non ce ne sono. I controlli fatti anche dalla polizia locale di Silea non hanno permesso di risalire ad un colpevole e anche i carabinieri Forestali pur avendo certificato l’inquinamento si sono fermati al fossato nei pressi della strada e dell’impianto di lavaggio, accessibile anche di notte tramite una strada secondaria.


Federico de Wolanski


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