Fallita la Nardi srl, a casa 102 lavoratori

SERNAGLIA. L’ultima pagina della storia della Nardi Srl di Sernaglia l’ha scritta il giudice, ed è il finale che tutti si aspettavano: fallimento (sentenza dello scorso 12 luglio) e 102 lavoratori a casa. Una fine lenta e dolorosa, quella dello storico impianto di produzione di elettrodomestici fondato 58 anni fa da Gianni Nardi, vice presidente del Milan a metà degli Anni Ottanta.
Storia di una crisi. Dall’inizio della crisi a oggi, lo stabilimento di via Marconi ne ha viste di tutti i colori: il calo di commesse e la cassa integrazione, la riduzione del personale, quindi il tentativo di salvataggio con la dismissione della vecchia Nardi Spa, la “bad company” dalla quale la Srl aveva preso in affitto il ramo d’azienda. E ancora, i crediti arretrati dei lavoratori (circa 150 gli ex dipendenti in credito di due milioni e mezzo di euro), le trattative con fantomatiche imprese turche o cinesi per il rilevamento dell’azienda. Che quello su cui correva la Nardi Srl fosse un binario morto lo si era capito qualche mese fa, in primavera, quando il Tribunale di Monza (la sede centrale dell’azienda è a Milano) aveva decretato il fallimento della Nardi Spa, proprietaria dello stabile e dei macchinari di Sernaglia. La Srl, per continuare la produzione, avrebbe dovuto ricomprare tutto. Vista la perdurante crisi di liquidità, gli stessi lavoratori sapevano che non ce l’avrebbe fatta.
I sindacati. «E così è stato» commenta amaro Paolo Agnolazza, il sindacalista che ha seguito tutta la vertenza per Fim Cisl «purtroppo ora la situazione degli ex lavoratori si complica. Con il fallimento decade anche la cassa integrazione a cui avevano diritto. Domani saremo in videoconferenza con la sede centrale di Milano per chiedere, almeno, che la lettera di licenziamento arrivi in tempi brevi, in modo da liberare i dipendenti e permettere loro di iscriversi alle liste di mobilità. Fino a quel momento, resteranno sprovvisti di qualsiasi copertura». Allo stesso tempo, la Cisl valuterà se organizzare qualche protesta all’esterno del capannone di via Marconi per chiedere il pagamento degli stipendi arretrati.
Un'ultima speranza cinese. Un paio di anni fa, quando il triste finale dell’azienda ha iniziato a palesarsi, gli scioperi alla Nardi erano quasi settimanali. Poi anche tra gli stessi lavoratori è subentrato un po’ di scoramento. Dopo il flop della trattativa con la Beko, colosso turco degli elettrodomestici, quest’anno era stato il turno dei cinesi, con il quale il titolare Marco Nardi ha trattato per il rilevamento delle quote societarie. All’ultimo Salone del Mobile di Milano, lo scorso aprile, la Nardi aveva effettivamente condiviso lo stand con alcuni partner orientali, collaborazione che tuttavia non si è spinta tanto in là da salvare l’azienda e i suoi collaboratori. Quello della Nardi è un altro fallimento eccellente dell’ormai ex “terra dei capannoni” del Quartier del Piave. Negli ultimi tempi la produzione si era interrotta per colpa della crisi di liquidità: le commesse arrivavano, ma mancava la disponibilità economica per l’acquisto delle materie. Ora inizierà la lunga vertenza per il recupero degli stipendi arretrati, che vede coinvolti circa 150 ex lavoratori. L’esame dello stato passivo è fissato per il prossimo 8 novembre alle 11.15 al Tribunale di Monza, i creditori possono inoltrare le domande di insinuazione al passivo fallimentare fino a 30 giorni prima dell’udienza.
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