«Facchini come schiavi a 4,6 euro l’ora»

Indagine Filt-Cgil: «Appalti al massimo ribasso, la malavita ci sguazza». Straniero l’85% degli addetti
PASSERINI TREVISO INTERVISTA PRESIDENTE CPS, IN FOTO ATTIVITA' FACCHINAGGIO - INTERVISTA PRESIDENTE CPS
PASSERINI TREVISO INTERVISTA PRESIDENTE CPS, IN FOTO ATTIVITA' FACCHINAGGIO - INTERVISTA PRESIDENTE CPS

TREVISO. Condizioni di lavoro «medioevali» per i lavoratori di tante cooperative di facchinaggio operanti nella provincia di Treviso. Paghe da fame ed orari di lavoro estenuanti, in alcuni casi nemmeno retribuiti. Lo denuncia la Filt Cgil che ha commissionato un'apposita ricerca all'istituto Ires (istituto ricerche economiche e sociali): una ricerca da cui emerge che i lavoratori in opera in queste cooperative guadagnano in media 4,6 euro l’ora contro i 12,5 previsti dal contratto nazionale. «I costi vengono ridotti al punto tale da costringere persone a lavorare 300 ore per arrivare ad almeno 1000 euro: trasformiamo in schiavitù il lavoro» ha commentato Paolo Pistolato, Filt Treviso “ Il tutto per rispondere a logiche di affidamento appalti che seguono solo la regola del ribasso: in questo modo si favoriscono però sistemi malavitosi e a rimetterci sono i lavoratori, lo stato, le cooperative oneste che non possono competere». Secondo una stima nella Provincia di Treviso gravitano circa 4 mila cooperative di facchinaggio ( trasporto e logistica) presenti un po’ da tutta Italia. Difficile stimare i lavoratori che vi sono impiegati a causa appunto del lavoro sommerso. Si stima che l’85% di questi lavoratori siano stranieri, dall’Africa o dall’Est Europa. Il boom di queste cooperative iniziò negli anni ’80, con la delocalizzazione, quando le aziende iniziarono ad esternalizzare questo servizio attraverso gli appalti. La logica dell’affidamento del servizio alla cooperativa o impresa che offriva il prezzo più basso ha fatto il resto. Una denuncia quella della Filt confermata dall'attività della Direzione provinciale del lavoro: delle 20 cooperative di questo tipo ispezionate nel 2012, in tutte sono state riscontrate delle irregolarità: dagli appalti illeciti, all’utilizzo distorto dei contratti di lavoro, fino a contratti fasulli, alla somministrazione illecita di personale. «E se potessimo disporre di maggiore personale, con ogni probabilità i casi si moltiplicherebbero» ha ammesso la direttrice provinciale della Dpl, Rosanna Giarretta, «ma abbiamo un quinto di ispettori rispetto a Potenza o Matera, province certo non paragonabili a Treviso quanto a tessuto produttivo». «Tre aspetti da sottolineare: le condizioni di lavoro medioevali» ha spiegato Alfiero Boschiero, dell’Ires Veneto, «questo settore lascia spazi in cui si inserisce facilmente la malavita». Terzo: i committenti pensano solo alla logica di convenienza in termini di costi. Ma questi lavoratori non sono nel loro libro paga e preferiscono non vedere ciò che accade».

Serena Gasparoni

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