Emma, la ragazza di Treviso che studierà la sua malattia per guarire tutti gli altri

TREVISO. La malattia non sempre è solo un limite. Sapendo guardare oltre può diventare una risorsa, addirittura un punto di vista privilegiato per cercare nuove risposte. Da grande Emma Della Libera, originaria di Vascon di Carbonera, vuole fare la ricercatrice per dedicarsi allo studio della patologia ereditaria che l'ha colpita: l'Atassia di Friedreich.
Una malattia rara, orfana di cure, che coinvolge in modo progressivo tutte le parti del corpo lasciando intatte le capacità cognitive. «Ci sono dentro fino al collo, la malattia in qualche modo mi definisce, per questo vorrei poterla studiare da vicino» racconta, più determinata che mai. Emma ha scoperto la passione per la genetica al liceo Duca degli Abruzzi di Treviso.

L'anno scorso, dopo la maturità con lode, ha deciso di iscriversi alla facoltà di Scienze e Tecnologie Biomolecolari a Trento. Una sfida vissuta con passione tra pile di libri, esami e ore di laboratorio, alle prese con provette e vetrini. «Nutro un grande interesse nel capire cosa accade dentro di noi, nell'infinitamente piccolo tra cellule e organelli che si vedono solo al microscopio. A loro dobbiamo la vita, anche se a volte la Natura commette degli errori. Vorrei indagare, capirne di più». Una curiosità che ha già iniziato a sviluppare nel concreto. «La settimana scorsa ho avuto un'infezione da batterio e insieme a docenti e compagni ho coltivato questo “intruso” in laboratorio. È emozionante entrare nel vivo delle cose e avere riscontro di ciò che accade nel mio corpo».
La famiglia di Emma è sempre stata dalla sua parte. Mamma Annalisa, papà Italo e il fratello Rocco l'hanno incoraggiata, così come i tanti sostenitori della onlus Ogni Giorno per Emma, nata proprio per stimolare studi e sperimentazioni per curare l'Atassia. «Grazie all'associazione ho conosciuto molti esperti, sono stata spronata anche da loro a scegliere questa strada. Mi piacerebbe aggiungere delle pagine alla ricerca scientifica. Vorrei andare oltre, trovare nuove risposte per le patologie di chi ha davanti solo dei punti di domanda. A me interessa fare qualcosa che rimanga, magari io non ne beneficerò e sarò già molto avanti con la mia malattia, ma chi nascerà tra qualche anno non incontrerà il buio che ho vissuto io. Per me la vera solidarietà è lavorare per gli altri, per il futuro, per accendere una luce».
A se stessa chiede sempre il massimo e sono in molti a tenderle una mano. «Ho scelto l'Università di Trento perché è tra le poche in Italia che consente l'accesso all'istruzione anche agli studenti con disabilità. Purtroppo non tutti hanno questa fortuna, nel nostro Paese ancora tanti giovani scelgono la facoltà in base alle dimensioni di porte e ascensori» sottolinea.
Sarà anche una straordinaria avventura umana: «Le coinquiline mi aiutano e i compagni di corso sono disponibili. Quando a lezione non riesco a scrivere tutto perché la mia patologia mi dà qualche problema, mi passano i loro appunti».
Dopo la triennale punta alla specialistica e al dottorato: «Mai arrendersi, la mia ambizione è di entrare in un centro di ricerca sull'Atassia dove sperimentare, indagare, cercare soluzioni. Il progresso medico appartiene a tutti, è un valore dell'umanità».
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