Effetto Covid, impennata del numero di cremazioni in provincia di Treviso

La provincia registra l’effetto Conegliano: 1.250 servizi in più in 6 mesi. Santa Bona, in lieve calo, attende la seconda linea
de wolanski agenzia foto film treviso crematorio cimetero santa bona
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TREVISO. Tutti in coda al crematorio di Santa Bona. Tanto più nell’anno del Covid 19. Ma per l’impianto Supremum Vale, gestito da Contarina, l’anno appena concluso non porterà a un aumento di incenerimenti. L’anno si chiuderà con 2.385 servizi, a fronte dei 2.688 del 2019.

Possibile? Sì, perché l’anno della pandemia ha portato il secondo impianto nella Marca, quello di di San Giuseppe a Conegliano, gestito da Veritas, che copre Sinistra Piave, provincia di Belluno e fa da alternativa nei periodi più congestionati.

Sono state ben 1.250 le cremazioni a Conegliano, da luglio a dicembre. In totale, nella nostra provincia il saldo è del + 50%, ma il dato non va preso in assoluto; per l’incidenza di cremazioni un tempo fuori provincia, per una quota di cremazioni di defunti estumulati; e per il nuovo assetto del servizio nella Marca, con due opzioni al di là della divisione territoriale.

Piuttosto gli addetti ai lavori dicono che anche nell’anno della pandemia i numeri, all’impianto di Santa Bona sono stati altalenanti, e non costanti.

La divisione in trimestri operata da Contarina illumina il primo bimestre con i defunti in calo, prima dell’esplosione della pandemia. Erano state 569 le salme dei trevigiani cremate da gennaio marzo, poi impennatesi a 673 fra aprile e giugno, con l’incidenza particolare del picco di aprile.

Nel terzo trimestre, in concomitanza con l’estate e il periodo meno violento del virus, la nuova discesa a 546, ora la risalita, in particolare negli ultimi due mesi, con 597 cremazioni da ottobre a dicembre.

«Il numero di cremazioni effettuate è aumentato costantemente fino al 2016, per poi subire fluttuazioni dovute anche ai fermi degli impianti per le necessarie manutenzioni», dicono a Contarina nel tracciare un’analisi storica, «Solo nel 2019 il numero di cremazioni si è riportato in linea con i numeri degli anni 2015 e 2016, e il dato dell’anno solare appena trascorso resterà al di sotto di circa l’11%».

L’impianto, collaudatissimo, è diventato anche un gioiello tecnologico: da dicembre 2018 utilizza anche un sistema a iniezione di soluzione di urea al 33% per abbattere le emissioni degli ossidi di azoto e rientrare nei più rigorosi protocolli di tutela ambientale e di qualità dell’aria.

«L’impianto attualmente lavora al massimo delle sue possibilità e l’aumento di richieste è in costante crescita», fanno osservare ancora alla Contarina, «Il piano regolatore regionale prevede l’installazione di crematori solo a Treviso e Conegliano, ma l’installazione di una seconda linea di cremazione a Treviso consentirà di far fronte all’aumento di richieste per i prossimi anni»

Il progetto è già stato definito. Con la doppia linea, in futuro, si potranno soddisfare le maggiori richieste. Perché è innegabile che da quando l’impianto è partito, nell’ormai lontano 2008, la cremazione è diventata davvero prassi comune. Un traguardo che avrebbe fatto piacere a chi – Maria Malgaretto, Alberto Boscolo e Franco Vicentini, da diverse sponde civiche e politiche – si batterono fra anni 80 e 90 per dotare il capoluogo del forno crematorio.

Il San Giuseppe, invece, rientra in un sistema con Spinea e Marghera: i tre impianti assicurano 50 cremazioni al giorno nelle diverse sedi. Ma ora, con il Covid 19, è accaduto ce ne fossero 60, e 10 sono rimaste in coda. Ad esempio lunedì scorso.—


 

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