È morto Eliseo Moras, titolare del gruppo Arros

Lutto nell’imprenditoria locale: il giorno di Pasqua, a 67 anni, è deceduto Eliseo Moras, titolare del gruppo Arros. Le esequie -in forma civile e strettamente riservata- si sono tenute ieri nella sala di commiato della casa funeraria di Gorgo al Monticano. Nato ad Albina, frazione di Gaiarine, nel luglio 1951, Eliseo Moras viveva da sempre a Oderzo. Si è spento, dopo otto anni di malattia invalidante, per un arresto cardiaco circondato dalla famiglia. Moras iniziò a lavorare molto presto, all’età di 13 anni, partendo da zero fino a diventare un importante industriale, alla guida del gruppo Arros, realtà operante nel settore dell’arredamento, dell’agricoltura, dell’edilizio e finanziario. Famoso soprattutto per essere il titolare dei mobilifici Rossetto Arredamenti e Armobil - che recentemente, per scelta aziendale della famiglia, hanno cambiato il loro oggetto sociale trasformandosi in immobiliari e puro commercio di mobili- Eliseo Moras ha avuto la lungimiranza, negli anni ’80, di differenziare le attività imprenditoriali permettendo al gruppo nel suo complesso di bypassare la crisi del settore del mobile. Grazie alla sua passione per la verniciatura, il vetro e le essenze, unite ad una dote innata di saper cogliere con grande anticipo le tendenze del momento, Moras ha creato tra gli anni ’80, ’90 e 2000 le più famose collezioni di arredamento su scala mondiale, specialmente di tipo classico e classico contemporaneo. Leader, in particolare, nel mercato russo e degli Emirati Arabi, ha fondato anche una filiale negli Usa e una filiale ad Hong Kong per poter maggiormente penetrare i mercati su più vasta scala, sempre guidato dalla passione e curiosità per il suo mestiere. Era un industriale di altissimo calibro, ma si è sempre definito un artigiano, un uomo di fabbrica. Amante dell’arte e in particolare dello stile Barocco, conferiva un gusto unico alle sue creazioni. «Ha interamente dedicato la sua vita al lavoro e alla famiglia, ha fatto della correttezza e dell'essere un ‘Signore’ la sua cifra», ricordano la moglie Alfonsina e le figlie Martina e Sabrina, «la sua onestà, la sua semplicità e cortesia erano note tra chi ha avuto modo di conoscerlo, così come la sua generosità. Si era ritirato a vita privata quando la malattia lo ha colpito, lottando fino alla fine con una lucidità impressionante. Di natura molto riservata e schiva, ha espressamente chiesto una cerimonia privata. Il suo desiderio era di essere ricordato per come era prima che la malattia si accanisse sul suo corpo». —
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