È morto don Olivo prete operaio paladino del Creato

Aveva 85 anni, si è spento assistito dall’amica laica Marisa Nella sua canonica una delle prime cappelle ecumeniche
DeMarchi San Floriano don Olivo Bolzon
DeMarchi San Floriano don Olivo Bolzon

CASTELFRANCO. Un prete operaio che ha speso tutta la sua vita per l’ecumenismo, per il dialogo tra le confessioni cristiane, convinto che l’annuncio del Vangelo deve passare innanzitutto attraverso una amicizia tra le persone: don Olivo Bolzon è spirato ieri mattina nella sua abitazione a San Floriano, dove era rimasto dopo aver guidato la parrocchia per sette anni, dal 1990 al 1997. Aveva 85 anni e da tempo era malato di cuore, ma dopo l’ultimo ricovero nel febbraio scorso, le sue condizioni erano peggiorate. Una scomparsa la sua che addolora le tantissime persone che ha incontrato nella sua vita, a Castelfranco dove era nato (precisamente a S. Andrea oltre il Muson), ma anche in diverse parti del mondo, in America Latina e nell’Europa dell’Est. Accanto a lui, nel momento del trapasso, la collaboratrice laica Marisa Restello con cui ha condiviso gli ultimi anni di vita in un’amicizia e in un cammino che sono diventati anche un libro scritto a quattro mani. L’incontro con il mondo del lavoro era avvenuto attraverso l’amicizia con monsignor Alfred Ancel, l’unico vescovo-operaio che rilanciò l’esperienza del Movimento del Prado, fondato dal beato Antonio Chevrier che già a metà Ottocento sottolineava l’importanza per la Chiesa di essere al fianco degli emarginati, degli ultimi. Don Olivo si avvicinò al mondo operaio nel 1964, a 32 anni: due anni prima monsignor Ancel, vescovo ausiliare di Lione, era venuto a predicare gli esercizi spirituali al clero trevigiano a Possagno. Andò in Germania a Colonia per fare lo spazzino, abitando in un grande edificio con altre 130 persone e i suoi colleghi di lavoro non ne conoscevano la vera identità. Così don Bolzon (ordinato sacerdote nel 1955) ebbe modo di vivere a contatto con gli emigrati italiani, in gran parte siciliani, condividendone le difficoltà ma anche i valori. Di fatto l’ambiente operaio divenne quello del suo apostolato anche tornato in Italia, dove collaborò anche con il sindacato tenendo corsi di formazione, oltre che a operare nella comunità dei preti operai trevigiani di Spinea, ma senza andare in fabbrica. Altro campo dove fu molto attivo fu quello dell’ecumenismo: collaborò alla diffusione della versione interconfessionale della Bibbia, in particolare con la comunità valdese, creando opportunità di incontro e di conoscenza reciproca, per superare le diffidenze. È stata questa sua sensibilità, che quando fu nominato parroco a San Floriano, lo portò a far nascere qui, nella canonica, una cappella ecumenica, in uno spirito di riconciliazione che doveva animare i cristiani divisi. E da parroco, volle favorire l’incontro tra questa parrocchia e altre dell’Est Europa subito dopo la caduta della cortina di ferro, che cominciarono ad avere scambi tra loro. Nel corso della sua vita don Olivo è stato un punto di riferimento per tante persone. «Più che un padre spirituale, voleva essere un aiuto spirituale e concreto per tante persone», ricorda Marisa Restello, «ma sempre partendo dall’amicizia profonda. Per lui era da qui che si doveva cominciare per annunciare il Vangelo. Ha avuto a cuore, sottolineandone l’importanza, tanti temi che ora sono cari a Papa Francesco, come la condivisione ma anche l’attenzione all’ambiente». «Una persona formidabile», aggiunge don Claudio Miglioranza, che oltre che suo amico fu suo allievo nel seminario dell’America Latina a Verona, «ha sempre lavorato nella formazione, convinto che il cambiamento è possibile solo se passa attraverso le persone» .

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