Dopo l'assalto lo schianto: una banda armata e pronta a tutto

Silea, ecco la banda. Esplosioni a catena, fughe in auto a velocità incredibili, una mappa di colpi da effettuare in serie in una notte, e poi le pistole nella giacca
L'auto dopo lo schianto
L'auto dopo lo schianto

Rapidi, esperti e pronti a tutto. Quello che, ieri notte, ha colpito al Credito Cooperativo di Monastier e Silea a San Cipriano è senza dubbio un commando di banditi di alto spessore criminale che ha avuto soltanto la sfortuna di incrociare, a distanza, un metronotte, che li ha costretti ad un fatale cambio di direzione.

I carabinieri sospettano che, solo nella notte di ieri, la banda di giostrai abbia colpito anche in altri due istituti di credito fuori provincia: prima alla Rovigobanca Credito cooperativo di Masi (ore 1.40, bottino 18.600 euro), nel padovano, e poi alla popolare di Marostica a Breganze (ore 3.30, bottino 15.000 euro), nel vicentino. A vuoto, invece, un colpo alla Rovigobanca di Salara (ore 1.05). Gli orari dei colpi sono infatti compatibili per ritenere che dietro ai colpi ci sia la stessa matrice. Ma soprattutto il comune denominatore è la presenza dello stesso tipo di auto, una Audi A4 Rs6 (con targa rubata ad una Mazda parcheggiata ieri notte in via Vivaldi a Roncade) nei tre luoghi diversi. Sia a Masi che a Breganze, infatti, le telecamere degli istituti di credito hanno inquadrato un’Audi grigio scuro metalizzata, proprio come quella del comando che ha colpito a San Cipriano. I carabinieri sono, però, ancora a caccia di riscontri.

"Una folle fuga a 140 km/h"
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Una raffica di colpi. Nel solo 2014, l’assalto ai bancomat con la tecnica delle “marmotte”, quella del commando di San Cipriano, è stata impiegata almeno sei volte, in particolare nell’hinterland del capoluogo e nell’Opitergino. Se poi si tiene conto delle province limitrofe i colpi con la polvere pirica sono state molti di più: una ventina. Da Piombino Dese a Vicenza, da Legnaro a Mestre, lo stratagemma dei cuscinetti imbottiti di polvere pirica è un comune denominatore. Gli investigatori, però, sostengono che in Veneto agiscono diverse bande specializzate a far saltare in aria i bancomat.

La tecnica. Il commando che ieri notte si è schiantato a Silea ha usato una tecnica particolare: quella delle “marmotte”. Le marmotte sono dei parallelepipedi in alluminio sottile e flessibile riempiti di polvere pirica (usata nelle cartucce dei cacciatori o anche nei semplici petardi) delle esatte dimensioni delle aperture dei bancomat. I piccoli ordigni vengono poi introdotti nella cassaforte dei bancomat, spinti all’interno con una lama e fatti esplodere a distanza attraverso un collegamento di cavi elettrici. Lo scoppio apre la cassa e i banditi riescono agevolmente a raccoglie in un sacco il malloppo prima di fuggire. Si tratta dunque di ordigni esplosivi improvvisati, ma molto ingegnosi. Le bande del bancomat più esperte tendono a non utilizzare l'acetilene, poco controllabile, ma una miscela, che i carabinieri definiscono "micidiale" e che esplode in un tempo stabilito, se innescato con una semplice spina elettrica e batterie ricavate ad esempio dai trapani. Per comunicare, inoltre, non vengono mai utilizzati telefoni cellulari, ma radio. Molto spesso le bande che colpiscono di notte facendo saltare in aria i bancomat, sono dotate di scanner per intercettare le comunicazioni delle forze dell’ordine.

Professionisti. I quattro protagonisti del colpo a San Cipriano, tutti vestiti di nero, erano senza dubbio dei professionisti. Jonny Pavarello ed Elvis Innocenti, i feriti, erano due volti noti alle forze dell’ordine con precedenti per reati contro il patrimonio. Nell’auto distrutta, sono state trovate due pistole, una con il colpo in canna. Ciò testimonia il fatto che i banditi erano pronti a sparare nel caso l’avessero ritenuto necessario. Indossavano tutti i guanti per evitare di lasciare tracce nella macchina rubata, quando avessero deciso di abbandonarla. Tranne Pevarello (riconosciuto dalla carta d’identità) nessuno aveva con sé cellulari o documenti. Un altro aspetto che testimonia la preparazione del commando. I telefoni spesso sono una sorta di carta d’identità. Permettono alle forze dell’ordine quanto meno di ricostruire le vie di fuga, grazie alle celle delle antenne telefoniche a cui si aggancia il cellulare.

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