«Discriminata perché del Pd», Caldato perde la causa

TREVISO. «Discriminata perché sono del Pd in un ambiente di lavoro leghista»: lo sosteneva Maristella Caldato ma il giudice le dà torto e boccia la sua causa contro l’Ater.
Il giudice del lavoro ha categoricamente escluso che Caldato sia stata vittima di persecuzioni politiche o di condotte illegittime e che possa pretendere uno stipendio più alto. Si chiude a favore dell’Ater (azienda territoriale per l’edilizia residenziale, oggi gestita dal commissario Luca Barattin e dal direttore Flavio Bellin) una vicenda iniziata quasi sei anni fa. Caldato aveva trascinato in giudizio Ater perché lamentava di essere stata vittima di «persecuzioni politiche», di essere stata demansionata e di non aver ricevuto uno stipendio da dipendente pubblico abbastanza alto. Motivo: la sua militanza politica nel Partito democratico, invisa – a sua detta – a una gestione dell’ente targata Carroccio. Molto salato il conto che la dipendente e consigliere comunale ha presentato all’azienda: circa cinquantamile euro di danni, oltre al riconoscimento di un inquadramento superiore e il pagamento delle differenze retributive sia per il passato, sia per il futuro. Il tribunale di Treviso, però, accogliendo in toto le difese dell’avvocato Marco Zanon dello studio BMA Barel, Malvestio e associati che difendeva l’Ater, ha rigettato tutte le pretese della Caldato, accertando come l’ente abbia sempre agito correttamente nei confronti della dipendente.
Nel 2010 Maristella Caldato citava in giudizio l’Ater, allora diretta dall’avvocato Mario Caramel, sostenendo che il suo ruolo di segretaria delle “commissioni alloggi” implicherebbe lo svolgimento di attività di «alta specializzazione ai fini dello sviluppo degli obiettivi aziendali» e che quindi le sarebbe spettato di diritto un inquadramento superiore (l’ottavo livello, secondo il contratto collettivo applicato dall’ente). Sosteneva poi di aver subito dal 2008 un demansionamento perché il suo ufficio sarebbe stato «indebitamente sottoposto all’assillante controllo» di un’altra struttura dell’ente, il servizio gestionale. Nessuna delle tesi è stata accolta dal giudice. Caldato si era spinta anche oltre, affermando di essere vittima di una persecuzione politica dai vertici dell’Ater – a suo dire, in quota Lega Nord – che la volevano punire per la sua militanza nel Pd. Secondo la dipendente il processo di dequalificazione sarebbe cominciato nel febbraio 2008, proprio nel momento in cui i vertici Ater sarebbero venuti a conoscenza della sua militanza, sfociata poi nell’elezione a consigliere comunale (aprile 2008). Tale militanza sarebbe stata malvista dall’azienda in quanto l’organo di vertice – sosteneva la Caldato – «era composto per 4/5 da una maggioranza targata Lega». Il giudice ha respinto ogni pretesa senza dare alcun credito a tale tesi.
Fabio Poloni
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