Direttore per destino Lorenzo Viotti sul podio del padre

VENEZIA. Sono già passati dieci anni da quando Marcello Viotti morì prematuramente. Il mondo musicale veneziano ne fu particolarmente scosso, perché Marcello Viotti era in quel momento l’amatissimo direttore musicale e l’apprezzatissimo direttore d’orchestra del Teatro la Fenice. Fu colto da malore sul podio durante le prove di un concerto a Monaco di Baviera.
Ora c’è molta attesa per il figlio ventiquattrenne di Marcello, Lorenzo. A differenza dei tre fratelli, una cantante e due cornisti, lui ha scelto di seguire le orme del padre nella direzione d’orchestra. Dirigerà questa sera alle 20 e domenica alle 17 Malibran, nell’Ouverture dal Ratto dal serraglio e nella Sinfonia Haffner di Mozart, nell’Adagio per archi di Barber e nella Sinfonia in do di Stravinskij, l’Orchestra di cui il padre era direttore. Lo abbiamo incontrato nel suo camerino prima dell’ultima prova. È un bel ragazzo alto, dai tratti cortesi che ricordano quelli del padre. Nato a Losanna, parla inglese, francese e tedesco; non ancora del tutto l’italiano, ma ha promesso all’orchestra di parlarlo perfettamente, quando tornerà in autunno.
È inevitabile iniziare questa conversazione parlando di suo padre. Che ricordo ha di lui?
«Era un fantastico direttore, ma era anche un padre fantastico. Aveva una grande qualità: era una persona normale, non c’era nessun atteggiamento divistico nel suo modo di fare. È la dote che anch’io vorrei avere».
Come ha iniziato a studiare musica?
«Naturalmente io credo di aver desiderato di essere direttore d’orchestra ancora prima di nascere, ma in realtà ho iniziato studiando le percussioni a Lione e ho svolto un’intensa attività di percussionista con molte orchestre, anche con i Wiener Philarmoniker. Essere uno strumentista mi ha dato l’opportunità di vedere lavorare tanti grandi Maestri. L’essere “dietro” tutti, ha fatto sì che mi sia reso conto anche della psicologia delle diverse orchestre, del modo di reagire dei loro componenti.
Quali sono stati i suoi insegnanti?
«Georg Mark e Nicolas Pasquet, dal quale prendo ancora lezioni, ma sono in contatto con Georges Prêtre, Mariss Jansons e Bernard Haitink, cui farò da assistente in aprile, a Chicago».
Molto importante per la sua carriera è stata la vittoria nel Concorso internazionale per direttori d’orchestra di Cadaques, in Spagna.
«Da quel momento ho diretto praticamente quasi tutte le orchestre spagnole, ma anche la BBC Philharmonic, la Liverpool Royal Philharmonic nel Regno Unito, l’Orchestre National de France a Parigi, e altre ancora».
Era quasi inevitabile che il suo debutto italiano fosse a Venezia.
«Ma io ho detto sì perché il programma che dirigerò lo conosco molto bene. Voglio muovermi assai lentamente e con oculatezza, perché spero di dirigere tutta la vita e non voglio che a quarant’anni si sia già stanchi di me. Per questo ho detto per ora no a un rapporto stabile con i Wiener Symphoniker».
Lei ha studiato anche canto e certamente ama l’opera.
«Tornerò a Venezia per La cambiale di matrimonio, ho fatto allo Châtelet di Parigi La belle Hélène con la regia di Barberio Corsetti e dirigerò Carmen a Klagenfurt e Rigoletto a Stoccarda».
Suo padre dirigeva molta musica contemporanea, Nono, Maderna, Sinopoli. È anche un suo interesse?
«In ogni concerto in Spagna è previsto un brano di autore spagnolo contemporaneo e io ho anche già diretto la Kammersymphonie op. 9 di Schönberg e Chiffre VI di Rihm. Come mio padre poi adoro la musica francese. Chausson, Debussy, Ravel, Poulenc e Messiaen sono i miei autori».
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