Delitto di Pieve di Soligo, venti perquisizioni

Domani l'autopsia sul corpo di Emanuele Simonetto, freddato con tre colpi di pistola

Omicidio di Emanuele Simonetto: è caccia al killer. Gli inquirenti scavano nella vita privata del caporeparto ucciso martedì a Pieve di Soligo. L'uomo aveva molte frequentazioni e ultimamente si vedeva con due donne. Non si esclude però neanche la pista delle tensioni interne alla fabbrica. Di recente Emanuele aveva litigato con un collega cui aveva rimproverato un lavoro mal fatto.

Notte di perquisizioni a Pieve di Soligo dopo l'omicidio del caporeparto della Mistral Emanuele Simonetto. I carabinieri hanno ascoltato una ventina di persone, tra amici e colleghi, per ricostruire la vita dell'operaio e cercare un possibile movente. Il pubblico ministero, Giovanni Valmassoi, ha disposto l'autopsia: saranno recuperati e analizzati le ogive dei proiettili andati a segno.

L'uomo, 49 anni, è stato freddato da tre colpi di pistola nel parcheggio dell’azienda di via Zaniol di cui era capofabbrica. L'uomo è morto come in un agguato mafioso: originario di Castelfranco, abitava in via Martiri della Libertà a Farra di Soligo.

Come sempre si era fermato mezz’ora dopo la fine del turno nell’azienda, che produce mobili per cucine e fa parte del gruppo Homes. Aveva lasciato che gli altri operai, una ventina in tutto, se ne andassero, per sbrigare le ultime pratiche. Lo faceva sempre, lo aveva fatto anche ieri. Alle 18.30 ha preso le chiavi, ha chiuso l’azienda e si è avviato verso la sua auto, una Opel Astra, parcheggiata nel piazzale retrostante la Mistral . È salito, ha messo in moto e si è avviato verso il cancello. Via Zaniol è una strada senza uscita.

A una quindicina di metri dall’uscita, un primo colpo di pistola ha centrato il parabrezza senza colpirlo e si è conficcato nel cruscotto. Simonetto ha cercato di mettersi in salvo, forse ha visto in faccia il suo assassino. Ha inchiodato, la Opel si è fermata e lui si è precipitato fuori dall’auto cercando di ripararsi dai colpi. Ha provato a proteggersi dietro l’auto, ma due colpi, quelli fatali, gli hanno perforato il torace mentre fuggiva. Il suo corpo è rimasto esanime sull’asfalto, dietro la Opel ancora in moto.

I tre colpi di pistola sono stati sentiti da Udillo Sech, titolare di una vicina azienda. Anche lui si era attardato in fabbrica. Ha sentito i tre botti, si è precipitato verso il parcheggio della Mistral, da cui provenivano, ha trovato il corpo a terra in un lago di sangue. Ha chiamato i soccorsi. È arrivata l’ambulanza del Suem.

Al medico non è rimasto che attestare il decesso del capofrabbrica. Sono arrivati i carabinieri, quelli di Pieve, quelli di Vittorio Veneto, i colleghi di Conegliano. Sul posto anche il comandante provinciale, Gianfranco Lusito. Attorno alle 21 è giunto a Pieve il sostituto procuratore Giovanni Valmassoi. Fratello e cognato di Simonetto hanno appreso della sua morte dalla tivù e si sono precipitati sconvolti alla Mistral. Con loro sono arrivati anche il titolare Massimo della Betta e gli operai dell’azienda, che si occupa della verniciatura dei mobili per la cucina. Per tutti una tragedia inspiegabile.

Emanuele Simonetto abitava a Soligo, da solo. Era separato da una decina di anni dall’ex moglie Manuela Marsura. Aveva chiuso una nuova relazione un mese fa e ora non aveva rapporti stabili Ieri alle 22 alla Mistral è arrivata in lacrime anche l’ex compagna. A Nervesa vive il figlio Riccardo di 20 anni. «Una persona riservata – lo ricordano i colleghi – Bravo, era uno di noi. Non aveva problemi di lavoro. Per noi era come un fratello». Il titolare ha comunicato agli operai: «domani tutti al lavoro. Sul movente dell’omicidio sono aperte tutte le ipotesi. I carabinieri indagano a tutto campo. Ieri hanno sentito a lungo colleghi, datore di lavoro e testimoni per riscostruire gli ultimi attimi di Simonetto.

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