Delitto del Piave. La criminologa Bruzzone: «Un movente sessuale e la tecnica da vero serial killer»

L’ipotesi dell’esperta: «Se non l’avessero visto dei passanti, forse avrebbe fatto Elisa a pezzi»

Valentina Calzavara

MORIAGOLe prime coltellate sono state le più vigliacche, inferte alle sue spalle, senza darle il tempo di reagire. Poi altri istanti crudeli, colpendola più volte mentre lei cercava di difendersi con tutte le forze. Nella sua furia omicida contro Elisa Campeol, Fabrizio Biscaro non le ha risparmiato un ultimo sfregio, tagliandole l’orecchio. A nove giorni dal femminicidio del Piave, l’autopsia restituisce i fotogrammi degli ultimi attimi di vita di Elisa. Il suo corpo racconta di una violenza inaudita. Una trentina di coltellate, senza lasciare tempo o spazio alla fuga. «Ha agito in maniera lucida e feroce con lo stesso meccanismo del serial killer»: Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicologa forense che da oltre vent’anni studia i principali fatti di cronaca nera non ha dubbi.

La criminologa Roberta Bruzzone
La criminologa Roberta Bruzzone

Cosa suggerisce il tipo di aggressione?

«L’accanimento numerico delle coltellate, detto over killing, dimostra che il soggetto non si è accontentato di uccidere ma doveva distruggere, una componente psicologica e personologica che ha a che fare con il suo unico modo di rapportarsi con l’altro sesso: possederla e distruggerla contemporaneamente. Un disturbo psichiatrico lucido, un movente sessuale a mio modo di vedere, una fantasia che coltivava da tempo e che ha messo in atto per la prima volta. Tutte caratteristiche dell’omicida seriale, fortunatamente è stato fermato».

L’ultimo gesto contro Elisa è stato di asportarle un orecchio, perché tutta questa crudeltà?

«La mutilazione inferta alla vittima, il “macabro trofeo” è ciò che lui voleva tenere con sé come testimonianza oggettiva del potere che era stato in grado di esercitare. Se non fosse stato interrotto dai passanti accorsi sul posto credo che il suo obiettivo sarebbe stato di fare a pezzi la vittima. Forse lui non lo racconterà mai».

Cosa potrebbe emergere dalla perizia psichiatrica dell’omicida?

«Probabilmente un disturbo di personalità ma nulla in grado di incidere sulla sua capacità di intendere e volere».

Possibile che nessuno si sia accorto del disagio provato dall’assassino?

«Bisogna sottolineare che difficilmente un soggetto con queste problematiche di funzionamento nelle relazioni con gli altri non viene notato in famiglia. Invito tutti a non sottovalutare il disagio psicologico, perché può avere evoluzioni terribili. Quando abbiamo accanto persone con grossi problemi a interagire con gli altri, con fantasie di onnipotenza, anche in età adolescenziale, non bisogna trascurare».

Il delitto di Elisa è stato “spiegato” dal suo assassino con il bisogno di sfogare una rabbia che aveva dentro. Pochi giorni dopo un ragazzo ha ucciso una sedicenne a Bologna, “giustificando” il suo gesto con le voci che sentiva dentro. Nota delle somiglianze tra i due episodi?

«Rabbia e voci interiori possono essere dei modi per precostituirsi un’attenuante. Ma dalla modalità dell’azione con cui entrambi hanno attirano nella trappola le loro vittime, scegliendo dove aggredirle, ci troviamo di fronte a una capacità lucida. La rabbia dentro è tipica del vuoto che assilla le personalità disturbate e può generare condotte di questo tipo». 

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