Niente password da Meta, la Procura archivia l’omicidio di Sofiya
Il delitto di Cornuda si consumò la vigilia di Natale del 2017. Rimangono i misteri sulla vita privata della 43enne ucraina: dagli Usa è arrivato il no alle chiavi per accedere a mail e Facebook

Anche se per una questione di privacy le autorità americane hanno risposto picche alla richiesta delle password per accedere alle mail e al profilo Facebook della vittima, avanzate su rogatoria internazionale, per la procura della Repubblica di Treviso non ci sono misteri sulla morte di Sofiya Melnik, l’avvenente ucraina di 43 anni trovata senza vita, il giorno della Vigilia di Natale del 2017, in un burrone del massiccio del Grappa a Romano d’Ezzelino.
Quello di Sofiya fu un omicidio compiuto dall’amico Pascal Albanese, 50 anni, trovato impiccato il 27 novembre di sette anni fa nel salotto della casa di via Jona a Cornuda che condivideva con la donna dell’Est.
Ne è convinto il sostituto procuratore Giulio Caprarola che nei giorni scorsi ha disposto l’archiviazione del caso alla voce omicidio-suicidio.
I misteri, semmai, rimarranno sulla vita della bella ucraina, sulla sua professione e sul rapporto che aveva con Pascal Albanese, i cui famigliari hanno sempre respinto la tesi del suicidio sostenendo che anche lui era stato ammazzato, prova ne siano i segni sospetti alle ginocchia e ai polsi trovati sul cadavere dell’uomo, come se fosse stato costretto a inginocchiarsi e fosse stato legato ai polsi prima dell’impiccagione.
Accedere alle mail e al profilo Facebook di Sofiya avrebbe permesso di capire meglio i molti punti interrogativi sulla sua vita privata.
La donna era arrivata con il marito in Italia nei primi anni 2000 per raggiungere la madre Valentina ma poi s’era presto separata dal coniuge, dopo aver conosciuto Pascal Albanese.
Lei diceva di essere un’interprete ma, stando alle indagini, la sua vita sarebbe stata costellata da viaggi e relazioni con facoltosi imprenditori e liberi professionisti più anziani di lei.
Prima di scomparire aveva conosciuto un medico, con il quale probabilmente voleva intraprendere una relazione stabile e dare un taglio netto al passato. È stata quella la decisione fatale che ha indotto Albanese ad ucciderla e a suicidarsi?
Il giallo parte dal ritrovamento del cadavere di Pascal, il 27 novembre 2017, nella casa di via Jona a Cornuda. Accanto al corpo viene trovato un biglietto: «Ovunque tu sia, ti amerò per sempre».
Le parole sono rivolte a Sofiya, scomparsa da casa dodici giorni prima, il 15 novembre.
Iniziano così le ricerche della donna che si concentrano a Forcella Mostaccin nel comune di Maser dove, il 28 novembre, la sua Renault Megane cabrio nera viene ritrovata all’inizio di un sentiero.
Ma dovrà passare quasi un mese prima che il corpo della 43enne ucraina venga ritrovato a trenta chilometri di distanza dal punto dove è stata trovata la sua auto.
È un cacciatore che, il 24 dicembre del 2017, trova il corpo di Sofiya, in avanzato stato di decomposizione, all’altezza di un tornante del massiccio del Grappa a Romano d’Ezzelino.
I carabinieri imboccano presto la pista dell’omicidio-suicidio. La famiglia di Albanese, invece, respinge l’ipotesi: «Pascal era un buono, non avrebbe mai ucciso Sofiya». Ora, la procura di Treviso ha messo la parola fine alle indagini, disponendo l’archiviazione del caso. Ma i dubbi e i misteri rimangono.
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