Delitto Annalaura Pedron Rosset, prescritte le accuse

ODERZO. «In conclusione va ritenuta comprovata la responsabilità dell’imputato in ordine all’omicidio di Annalaura Pedron ascrittogli». Dopo oltre un anno dal pronunciamento della sentenza, il 25 giugno 2011, il tribunale dei minori di Trieste ha depositato il 9 luglio le motivazioni per le quali ha dichiarato prescritto il processo a carico di David Rosset, il 39enne di Pordenone accusato di avere ucciso, il 2 febbraio 1988 quand’era 14enne da 8 mesi, la baby sitter Annalaura Pedron, 21 anni, di Oderzo in un appartamento di via Colvera.
Scena del delitto. Al momento della morte la vittima era «sicuramente» vestita. «Provato» che i pantaloni le furono abbassati dopo il decesso, nell’ambito di una «messa in scena» per dare al delitto una connotazione a sfondo sessuale.
Prova regina. Nel processo la prova madre è stata quella del Dna. Individuato un unico profilo genetico completo, quello riferito «univocamente» all’imputato: la comparazione avvenne con la saliva prelevata il 9 novembre 2010. «Si deve ritenere incontrovertibilmente provato che l’imputato si trovava nella casa di via Colvera 4 nel momento in cui vi era stata uccisa Anna Laura Pedron e vi aveva acceduto da solo». La sua responsabilità «è comprovata dalla presenza di plurime tracce di sangue».
Il silenzio. David Rosset ha taciuto al processo. «È un suo diritto» spiegano i giudici «Anche sull’eventuale presenza sul luogo, insieme a lui, di altro o altri soggetti».
Imputabilità. Per i periti del collegio Rosset non è imputabile. I giudici, tuttavia, considerano il contrario anche se mancano «evidenze scientifiche che consentano di provarlo a vent’anni di distanza». Il 2 febbraio 1988 «David aveva raggiunto uno sviluppo complessivo tale da consentirgli di scegliere se compiere o meno l’azione contestatagli».
Telsen Sao. I giudici scindono la vita dell’imputato prima e dopo l’ingresso della famiglia nella setta. Fino a dieci anni David Rosset ha avuto «un’esistenza normale». Dopo, la situazione è mutata, «nella famiglia si era verificata una sorta di disgregazione dei ruoli delle figure parentali con la rinuncia della potestà genitoriale, delegata per intero al leader della setta». Atteggiamento che la corte ricalca nelle conclusioni: «Comportamento genitoriale gravemente irresponsabile, considerati i danni a carico dei figli stessi sotto diversi profili e i rischi ai quali hanno accettato di esporli».
David umiliato. L’allora 14enne, vista l’età, non era interessato alle ragazze, più grandi, della setta e per questo fu deriso. «L’imputato aveva subito una qualche violenza psicologica giacché l’esposizione di un preadolescente al pubblico ludibrio in materia di orientamento sessuale integra senza dubbio gli estremi di una violenza psicologica». E proprio in quel periodo «si registra il più negativo esito di profitto dell’intera carriera scolastica di Rosset».
Aggravanti. I giudici hanno escluso l’aggravante della violenza sessuale, dei futili motivi e del reato commesso ai fini di compierne un altro. Rimane solamente quella del mezzo insidioso, anche se non viene identificato quale.
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso