Davide, il giovane di Treviso che crea la biblioteca digitale universale

TREVISO. Sta lavorando a un progetto meravigliosamente visionario, quasi con aspirazioni di eterno: scansionare e digitalizzare tutti i libri del mondo, per creare una biblioteca senza confini di spazio né tempo, accessibile online a tutti (Archive.org), ovunque. Non è utopia, è la missione alla quale sta lavorando Davide Semenzin, 33 anni, trevigiano di Montebelluna, nella Alessandria di bit di questa biblioteca enciclopedica della Internet Archive. Siamo a San Francisco, California.
Dall’Italia agli Usa passando per la laurea specialistica in Olanda: il suo amore per i libri ha compiuto un percorso lungo per arrivare fin lì, dove ora è una sorta di maestro di questa orchestra di scanner hi-tech che cristallizzano nell’ambra digitale le pagine di mille volumi al giorno. «Dopo gli studi al Veronese, a Montebelluna, mi sono laureato a Padova, facoltà di informatica». Lo dice quasi scusandosi, Davide («mi considero più un classicista che un informatico»). Ma forse era destino, perché quello che sta facendo ora è la sintesi perfetta di queste due anime. «Digitalizzare libri è una danza altamente coreografica», racconta, «le pagine continuiamo a girarle a mano, per evitare il rischio che un processo automatizzato le rompa».

Davide si occupa del software e dell’hardware degli scanner e mantiene i servizi che permettono di gestire i dati una volta che sono stati scansionati; inoltre, gestisce logistica, spedizione e catalogazione dei libri perché sì, la biblioteca digitale ha un’anima fisica, una montagna di scaffali di libri che, dopo essere stati digitalizzati, vengono conservati. «Ho iniziato come consulente qui per Archive – racconta Davide al telefono – poi una cosa tira l’altra: ora da quattro anni mi occupo di questo progetto sui libri, che impegna oltre la metà delle circa 180 persone che lavorano per Archive».
Nata come “memoria” dei siti web, questa arca che salva dal rischio dell’oblio ha deciso di aprire le porte anche ai cari vecchi libri di carta. «I nostri scanner fanno scansioni conservative: non distruggiamo il libro rimuovendo la rilegatura, abbiamo scansionato persino una collezione di manoscritti su foglie di palma che viene dallo Sri Lanka». Dei tre modelli di scanner, due hanno una “culla” di vetro su cui adagiare delicatamente il libro aperto a 45 o 60 gradi. Il modello più vecchio è grande come una cabina del telefono.

Per la digitalizzazione di massa si usa invece la “Table top scribe”, con camere fisse e un sensore magnetico che scatta automaticamente la foto quando il libro aderisce al vetro. «Il sensore è una cosa che mi sono inventato sei mesi fa», spiega Davide, «Abbiamo provato anche a usare dei robot per girare le pagine ma c’è il rischio che il libro si rovini, allora abbiamo preferito farne a meno». Quando ti fermerai? «Non lo so, non è realistico scansionare tutti i libri stampati, sono circa cento milioni solo quelli del Novecento. Finora siamo arrivati a circa due milioni e mezzo, spero di arrivare almeno a dieci! Il progetto ha una decina di anni, ma non ha una data di scadenza». —
Fabio Poloni
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