«Dall’aula di tribunale al palco del teatro ora insegno ai giovani la parola e l’ascolto»
l’intervista
Il sindaco Mario Conte le ha affidato in febbraio le redini del Manzato perché rilanciasse la storica scuola musicale di Treviso. Giovanna Cordova, classe 1956, studi classici, autrice, regista, anima di Tema Cultura e formatrice di giovani da cui estrae socraticamente il talento, ha accolto anche un’altra sfida: ridare vita allo Spazio Paraggi trasformandolo nel teatro “La Stanza”. Ma non è sempre stata così la sua vita, prima del 1992 praticava le aule dei tribunali in processi storici come quello alle Brigate Rosse che assassinarono Taliercio o, sul fronte opposto, nel team che difendeva gli autori della strage di Peteano.
Com’è finita dalle aule del Tribunale ai palchi in teatro?
«La laurea in Giurisprudenza all’università di Padova mi portò allo studio legale dell’avvocato Arturo Sorgato, protagonista di alcuni dei più grandi processi di fine Novecento. Avevo 30 anni e mi trovai in aule gremite di imputati sotto i riflettori di tutto il mondo, unica giovane donna in un esercito di avvocati maschi. Alcuni colleghi, che poi diventarono amici, sorridevano, facevano battute. Ma io amavo il mio lavoro, lo facevo con passione, senza risparmiami e cercavo di assorbire tutto ciò che potevo anche se i grandi capi non mi rendevano le cose facili».
In che senso?
«Preparavo con cura gli atti e l’avvocato li buttava nel cestino senza dare spiegazioni. Ho pianto tanto ma non mi sono arresa, rubavo le veline dal cestino per vedere come operava finché ho imparato e bene».
Se il lavoro le piaceva perché ha cambiato rotta?
«Era il 1992 alla fine del processo contro De Michelis a cui ho partecipato nel team dello studio Flick-Pecorella. Mia figlia Giulia era nata da un anno (la seconda, Emma, arrivò nel 1995), avevo vissuto una gravidanza difficile, costretta a letto. Andavo al lavoro e pensavo alla bimba, tornavo a casa e la testa rimaneva in ufficio».
E lei non è una donna da mezze misure.
«Appunto. Ho deciso che così non poteva andare avanti e come solo noi donne sappiamo fare ho deciso di voltare pagina, cambiando completamente vita».
Rimpianti?
«Il lavoro legale mi piaceva e mi dava tanto. Ho imparato l’attenzione all’umanità in tutti i suoi risvolti anche violenti o fragili, i cambiamenti di chi si trova privato della libertà, ho imparato l’ascolto vero profondo, la cura ai dettagli e alla comunicazione che non è fatta solo di parole: tutto ciò che insegno ora ai miei ragazzi. In fondo il cambiamento mi riportò al primo amore».
Il teatro?
«La scrittura, accanto alla danza classica che ho dovuto abbandonare perché mia madre non la considerava un mestiere “serio”. Al liceo Canova avevo sviluppato un amore profondo per le parole, anche grazie al professor Piccoli che mi consigliava conferenze, approfondimenti. Sognavo di trascrivere i poemi con linguaggio nuovo, tra prosa e poesia. Il teatro mi ha dato questa opportunità. Ho incominciato all’istituto Zanotti frequentato da mia figlia con una trasposizione dell’Arlecchino servo di due padroni passando ad opere più complesse, in cui bambini di 8-10 anni interpretavano versi di poeti straordinari, da Baudelaire a Montale».
Lei ha scoperto veri talenti.
«Il casting non è nelle mie priorità anche se ho aiutato allievi ad emergere e lavorare con registi come Patierno e Salvatores, ma bisogna fare attenzione ai danni, al meccanismo perverso che li illude e poi li tritura. Io punto sulla formazione, sul lavoro che costa fatica e dà enormi soddisfazioni. Penso ai ragazzi dei corsi avanzati dell’Academy chiamati al teatro Olimpico di Vicenza con le mie rivisitazioni dei classici. L’ultima ad ottobre li ha visti recitare nell’Antigone, in cui il re Creonte viene interpretato da una donna, Ivana Monti. Tanto per rompere schemi e pregiudizi».
Quale futuro vede per il Manzato?
«È un tassello di storia trevigiana che potrà dare molto nella nuova sede di piazza Pola in cui dovremmo trasferisci a metà 2022 creando un polo musical-artistico con porte aperte ai cittadini, mostre d’arte e collaborazioni con il conservatorio Steffani». —
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