Dal carcere alla vita oggi un concerto per cantare la libertà

Da una parte, ragazzi appena ventenni che hanno appena finito la scuola. Dall’altra, ragazzi del carcere di Santa Bona “in articolo 21”, ovvero detenuti a fine pena con la possibilità di lavorare all’esterno di giorno con rientro in cella alla sera.
L’incontro è avvenuto quasi per caso, in piena estate. La Cooperativa Alternativa di Vascon è il posto dove alcuni di loro si sono incontrati la prima volta e dove, nel caldo soffocante di metà agosto, hanno preso le misure sulle diversità dei loro mondi. I primi approcci sono stati timidi, quasi delicati. «Sono persone» dice Federico, 19 anni «prima di tutto, sono esseri umani che sicuramente hanno sbagliato, ma che hanno anche elaborato le loro colpe. Tante volte i loro punti di vista mi hanno messo al muro. Ad esempio per me la libertà, pensando al mio stato attuale, è rendermi indipendente dai miei genitori il prima possibile. Guadagnare, trovare un lavoro, uscire di casa e fare quello che voglio. Lucky mi ha fatto ragionare: perché tutta questa fretta, mi ha chiesto. Prima laureati, poi trovati un lavoro. Studia, datti da fare, e poi esci di casa quando ti potrai mantenere». Lucky ascolta: «Sì, gli ho detto di fare un passo alla volta. Io ad esempio sono uscito di casa a 14 anni… E poi non sono più tornato: ho fatto 13 anni di galera».
Nicola, 19 anni, per lui c’è ancora un altro anno di liceo, per incidenti di percorso scolastico: «Venire qui mi ha dato la possibilità di immaginare un mondo diverso. Non posso dire di conoscerlo perché dovrei provare quello che vivono loro, stare dentro a una cella 24 ore su 24 o sentire l’angoscia dei cancelli che si chiudono. Sono un rapper, canto assieme a Gianfranco, e siamo qui per ispirarci alle loro storie e scrivere dei pezzi che canteremo il 4 ottobre».
Oggi, dalle 16 alle 20, sei gruppi di giovani musicisti trevigiani suoneranno i loro brani, quasi tutti pezzi originali ispirati alla libertà. Ma non è un tema troppo banale la libertà? «Direi che non è così scontata» risponde Gianfranco, 21 anni «c’è chi ce l’ha e non la usa, perché non è abituato a scegliere». Lucky continua la riflessione: «la libertà ce l’hai nel cuore e nella mente, io penso che non sia uno stato fisico. Ad esempio non hai idea di quante volte in carcere nascano motivi per litigare. Ma per stupidaggini, cose inutili. Tipo il tuo compagno di cella che si mangia la tua scatoletta di tonno: ti sale la rabbia ma dopo ci pensi e se riesci a non dare peso a queste cose, se riesci a mantenere la calma e a vedere la realtà per quello che è, senza ingigantirla… allora non sei tanto distante dalla libertà». Sembrano amici di vecchia data, il clima è autentico e sereno. Il titolo dell’evento di oggi è “Paura di essere liberi”. Ma paura di cosa? Agnello risponde senza esitare. «La paura del pregiudizio. Il carcere è un bollino che mi resterà addosso come un tatuaggio, la gente farà fatica a darmi fiducia e a credere che io sia cambiato». Lucky racconta la sua esperienza di cambiamento. «Se mi incontravate qualche anno fa avreste stentato a riconoscermi. Non ero così calmo e introspettivo. Tanto è vero che mi hanno spostato in diversi carceri d’Italia, anche in quelli più punitivi. Ero proprio un uomo di merda. Poi ho deciso di cambiare. Ma non è stato il carcere a farmi cambiare né la cooperativa. Non c’è qualcuno o qualcosa fuori di te che ti insegna a cambiare. Deve essere la tua forza di volontà: io ho buttato la mia vita commettendo crimini e pagandoli con la reclusione. Ti rendi conto? Ho 34 anni e ancora non ho vissuto. Adesso voglio lavorare, guadagnarmi il pane. Ecco, forse una cosa me l’ha insegnata la cooperativa. Mi pagano 250 ero al mese: sono soldi sudati perché fare il contadino è un lavoro duro. E quei 250 euro sono sacri per me: l’ultima cosa che mi viene in mente di fare è spenderli inutilmente».
Ma c’è un lavoro che non faresti mai nella vita? «Sì, il carabiniere». Ride.
«Domenica 4 ottobre festeggeremo anche il compleanno di Marco, quel ragazzo matto per la telecamera che ci ha fatto i video». spiega Michele «Troppo bravo. Compirà 18 anni, pensa. Non ho mai visto tanta passione per un lavoro, è proprio la sua strada quella». Michele non sa che Marco, nonostante i suoi 17 anni, ha già ricevuto a maggio di quest’anno il riconoscimento ufficiale per un suo cortometraggio da parte del presidente del Senato. Chi presenterà? Tutti vorrebbero Lucky. «Non esiste proprio, io non ci salgo sul palco. Mi vergogno troppo. Però ci saremo tutti».
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