Dal Balletto di Castelfranco alla Grande Mela, Julie Dafne Falaschi sogna sulle punte
La sedicenne udinese studia danza classica nella scuola di Susanna Plaino, per un anno andrà alla Joeffrey Ballet School di New York

Una t-shirt bianca, con la scritta «I love NY», emblema del suo sogno: studiare danza a New York. Julie Dafne Falaschi, nata a Fidenza nel 2007 e cresciuta a Udine, sta per realizzarlo: per un anno studierà alla Joeffrey Ballet School, una delle scuole di danza più prestigiose, fondata nel 1956 a New York e poi trasferita a Chicago, la cui compagnia fu la prima ad esibirsi alla Casa Bianca, su invito di Jacqueline Kennedy.
«Ho iniziato danza a quattro anni, un po’ contro il parere dei miei, che non erano appassionati» racconta, sorridendo alla madre che l’ascolta dall’altra parte della stanza. Circa ogni due anni, Julie cambia scuola, «per avere nuovi stimoli» spiega. A sette anni, però, la sua maestra le sconsiglia di andare avanti a ballare. «Diceva che non ero portata, che non avevo alcun talento né il fisico adatto». Ma lei, con la sua tenacia di bambina che ha un sogno e vuole realizzarlo, non si lascia fermare. «L’ho presa come una sfida. D’altronde la danza è la ricerca continua della perfezione, sapendo che non la si raggiungerà mai». Julie va avanti, con le foto del suo idolo, la prima ballerina del Royal Ballet di Londra, Natalia Osipova, appese in camera.

All’Artballetto di Udine conosce Francesca Siega, che sarebbe diventata un’insegnante importante nel suo percorso. Infatti, su suo consiglio, Julie a 10 anni inizia a frequentare il Centro Danza Diaghilev, a Venezia. Ogni giorno, dopo scuola, i suoi genitori l’accompagnavano in centro storico dove ballava per ore, per poi tornare a Udine, facendo i compiti in macchina. E l’indomani si ricominciava daccapo. Fino al lockdown, dove tutto diventa un problema. Grazie al suo maestro Mattia Mantellato, che le dava lezioni private, Julie continua a ballare. Una volta finito, passa dalla scuola di Conegliano Dance City di Marika Derton, per poi approdare al Balletto di Castelfranco, diretto da Susanna Plaino.
«Ora sono qui da tre anni, inizio il riscaldamento alle 13.30, le lezioni alle 14 fino alle 17.30, ma spesso noi solisti ci fermiamo qualche ora in più a provare, poi la sera studio. Non è sempre facile conciliare tutto, il liceo scientifico e la danza» spiega, aggiungendo che ancora troppo spesso la sua disciplina è vista come un semplice passatempo e i ballerini non sono concepiti come degli atleti veri e propri. «Non si vede lo sforzo che c’è dietro, l’allenamento, ma anche l’arte di ogni gesto». È proprio questo, dice, ciò che le piace di più della danza: «La difficoltà nel realizzare certe posizioni che, a guardarle, sembrano facilissime».

A Castelfranco, la giovane ballerina racconta alla direttrice il suo sogno, raggiungere la grande mela. Lo scorso novembre, su consiglio di Plaino, fa un’audizione per uno stage estivo a New York, poi scopre di aver vinto la borsa di studio per l’intero anno. «Il mio futuro? Mi vedo lì, in un corpo di ballo» dice, con gli occhi luccicanti. «Ma so che la carriera di una ballerina è corta, forse è questa la cosa più difficile della danza. A volte fa paura sentire un dolore all’anca o alla schiena: ti chiedi per quanto ancora potrai fare certe posizioni». Un momento di riposo forzato Julie l’ha avuto due anni fa, a causa di due microfratture alla caviglia che le hanno impedito di ballare per quattro mesi. «È stato il periodo peggiore della mia vita e ho capito quanto velocemente tutto può andare via» conclude, aggrappandosi forte alle sue ambizioni.
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