Crack Velo, i manager «Così la proprietà nascondeva le perdite»

Veleni, vendette, denunce e contro-denunce. A poco più di un mese dalla sentenza del processo (in abbreviato) che vede imputati Siro Cabrele e Simone Dalle Nogare per il terzo filone del crac Velo, spuntano nuove carte (agli atti) che offrono una nuova verità. Cabrele e Dalle Nogare, chiamati a risollevare le sorti della Velo Spa, sono accusati dallo stesso Antonio Velo di aver creato nuove società, con un unico obiettivo: spolpare la Velo fino a ridurla alla bancarotta. Siro Dalle Nogare, difeso dall’avvocato Carlo Augenti, del foro di Padova, ha deciso di raccontare tutto: «Non sono mai stato un uomo di paglia», ha messo nero su bianco. Ha raccontato di aver preso in mano una società, la Velo, quando era sull’orlo del baratro, (con 51 milioni di debito) di aver tentato di risollevarla, ma di essersi scontrato «con l’attività della proprietà della Velo», che è stata, a giudizio di Cabrele, «un tentativo di camuffare la perdita dell’intero capitale cercando di pagare parzialmente i debiti con il lavoro svolto negli ultimi sei mesi, lavoro che sarebbe stato utile per il rilancio». Per dipanare la matassa è necessario tornare alla primavera 2012, quando Cabrele e Dalle Nogare hanno preso in mano la Velo Spa, in qualità di amministratori “indipendenti”. Le prime grane sono arrivate non appena è stata messa mano ai bilanci. Cabrele definisce la cessione eseguita dai vecchi amministratori della Velo Argentina «una chiara operazione di facciata». Poi si accorge del «sistematico uso o abuso del credito, anticipando più volte lo stesso credito con più istituti». Poi il bilancio del 2011: «Emersero», scrive Cabrele nella sua memoria, «perdite per oltre 22 milioni di euro, con un capitale sociale di 25 milioni». Perché quindi, si chiede la difesa, Cabrele avrebbe architettato un piano per spolpare una società già ridotta all’osso? L’obiettivo dei nuovi amministratori era il rilancio: «Era una fase concitata e si doveva applicare il vecchio metodo del conto della serva affidandomi da quanto rappresentato della dirigenza. Altra richiesta insistita era di bloccare lo strapotere del signor Antonio Velo che agiva continuamente in fabbrica bloccando ordini, spostando confusamente persone e bloccando un’ordinata programmazione. Più volte», scrive Cabrele al giudice, «mi sono trovato sul tavolo dimissioni di persone che non ne potevano più di questo modo di lavorare». Questo in fabbrica, ma la situazione era ancor più in bilico in amministrazione: «I passivi erano ingentissimi: oltre 15 milioni dei debiti bancari a breve, oltre 16 ipotecari e chirografi, oltre 7 di leasing, oltre 9 nei confronti di fornitori, tfr e imposte stimabili in 4 milioni, per un totale di 51 milioni». L’attivo era pari a 50 milioni, «con una differenza tra attivo e passivo per poco a favore dell’attivo, ma solo in ipotesi di continuità». Alla luce di questa situazione viene approvato un bilancio con una perdita di oltre 22 milioni. Poi il piano industriale, con la creazione delle tre nuove società al centro del processo che vede imputati Cabrele e Dalle Nogare: «Proposi e il consiglio approvò all’unanimità approvò la creazione di tre società con l’obiettivo della continuità. La creazione venne condivisa da lavoratori, proprietà e management. I lavoratori erano la risorsa, non i fabbricati e quattro macchine che non valevano nulla». Ecco Velo Engeneering (per soluzioni chiavi in mano per le aziende), Officine Velo (capacità produttiva), Velo Automation (post vendita). Il piano industriale va avanti di pari passo con le verifiche: «Emergono altre situazioni di malaffare», scrive Cabrele, «in capo agli amministratori: un’operazione di leasing fasulli da 6, 3 milioni. È l’emergere di queste situazioni che ci fa capire che il capitale è eroso». La denuncia fa esplodere il caos: «Loretta Velo era stata convinta del fatto che volevamo portar via l’azienda, azienda peraltro da nessuno mai acquistata. A questo seguono concitate vicende, oggetto di valutazione della magistratura. Ad oggi, la conseguenza è che la Velo Srl, non più Spa, ha presentato domanda di concordato in bianco».
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