Crac Officine Zanatta, il commercialista in manette condannato per mafia

Dopo i tre arresti per bancarotta in relazione al buco da 5 milioni di euro alle Officine Zanatta, le indagini della Guardia di Finanza sono ora concentrate sulla figura di Paolo Signifredi. Gli investigatori hanno infatti accertato che il commercialista, già coinvolto nel crac della Dal Ben Tre, sia la figura chiave del sistema di fallimenti che stanno emergendo con sempre maggiore frequenza nella Marca e che nascondono, sempre più spesso, casi di bancarotta. Signifredi risulta infatti essere presente in altre società fallite o che sono a rischio fallimento. L’obiettivo a questo punto è cercare di ricostruire l’esatto numero di aziende dove Signifredi ha esercitato un ruolo.
Fino a ieri il nome di Paolo Signifredi, arrestato nell’indagine per la bancarotta della Zanatta Srl e già a giudizio per il crac della Dal Ben Tre di Monastier, evocava l’ombra della ’ndrangheta. Ora quell’ombra ha un corpo, inquietante: proprio ieri il sedicente commercialista, considerato vicino al boss Nicolino Grande Aracri della ’ndrangheta di Cutro (Crotone), è stato condannato dal tribunale di Brescia a sei anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione. Sta collaborando con la giustizia, circostanza che gli ha permesso di ottenere un consistente sconto di pena. E con i magistrati bresciani ha già parlato anche del suo coinvolgimento nella vicenda della Zanatta: ora, tramite il suo legale di fiducia, ha chiesto di essere sentito anche a Treviso per confermare quelle dichiarazioni.
In particolare gli uomini della Guardia di Finanza e la Procura vogliono capire il percorso fatto dal denaro distratto e portato in Romania. Il sostituto procuratore, Massimo De Bortoli, sta valutando se avviare le rogatorie con gli istituti bancari rumeni per capire chi si nasconda dietro quei conti correnti. Finanza e Procura contestano a Signifredi di aver aiutato i Zanatta a svuotare i conti dell’azienda. In particolare, ci sarebbero dei bonifici che la Zanatta Srl avrebbe eseguito da Falzè su propri conti oltreconfine, e da lì il denaro sarebbe stato girato proprio a Signifredi su suoi conti personali, sempre all’estero.
Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene (dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)
Il «sedicente commercialista» (in realtà mai iscritto al relativo ordine, come emerge dal provvedimento del 10 giugno 2013 del prefetto di Parma) era stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Pesci” coordinata dalla Procura di Brescia, un’attività di indagine che punta a verificare «l’infiltrazione - come ha spiegato la Direzione distrettuale antimafia della Procura di Brescia - di una cosca di ’ndrangheta nel tessuto economico di Mantova e Cremona e negli apparati istituzionali del Comune di Mantova».
Nella giornata di giovedì 28 apriel è arrivata la condanna per Signifredi: sei anni per associazione mafiosa ed estorsione, con l’attenuante della collaborazione. Il “finto” commercialista venne accompagnato (giugno 2012) da Salvatore Grande Aracri al cospetto del boss, Nicolino, e indicato come persona idonea, sia dal punto di vista soggettivo che per le sue competenze di carattere tecnico, a gestire il patrimonio del clan mafioso, come ricostruito dai carabinieri del nucleo investigativo di Mantova. Viene definito soggetto inserito in contesti criminali di particolare spessore, tanto da portarlo all’arresto nel maggio del 2013 con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale assieme a Massimo Ciancimino.
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