Covid hospital a Villa Fiorita, la grana del personale: «Non possiamo fare da infermieri»

MONASTIER. Villa Fiorita a Monastier secondo la Regione sarà il “Covid hotel” della Marca, destinato a ospitare i positivi in buone condizioni di salute che non possono essere isolati altrove, ma restano degli scogli da superare: le altre due strutture in gara, una a Conegliano e una a Oderzo, e quello relativo al personale. Tra i 50 dipendenti di Villa Fiorita, infatti, qualcuno ha già messo le mani avanti: «Non spetta a noi il compito di fare assistenza ai malati di Covid» afferma uno degli addetti, «non sappiamo cosa fare e abbiamo paura di ammalarci. A pensarla così siamo in tanti». E non basta a convincerli, per ora, la formazione promessa dall’Usl, di cui ancora non si conoscono i dettagli.
Personale sospeso
Per molti, tuttavia, la prospettiva di lavorare a stretto contatto con i positivi potrebbe essere più allettante dell’attuale: a casa in cassa integrazione, senza vedere un ospite dell’albergo da mesi. Che ci sia qualche difficoltà a convincere il personale, però, lo conferma anche Giovanni Cher, manager della struttura di Monastier: «Siamo in una fase delicatissima e non possiamo dire nulla, ma è evidente il rischio che qualcuno dei nostri dipendenti non accetti. Non si può mettere il personale dell’albergo a gestire decine di positivi». Perplessità condivise anche dalle forze sindacali, poco convinte sul piano dell’Usl che prevede di inviare due soli infermieri a Monastier. Eppure la possibilità di diventare Covid hotel è ghiotta per le casse di un’impresa che, come tutte le altre del settore, viene da mesi di vacche magre, con prospettive ancora peggiori all’orizzonte. Quindi, la soluzione potrebbe essere un’altra: spostare nel Covid hotel personale sanitario della vicina clinica Giovanni XXIII, già formato e pronto a entrare in azione dall’oggi al domani. E non è un mistero che la scelta di Villa Fiorita sia legata proprio alla vicinanza geografica - e di proprietà - con la clinica privata di Monastier. «Oggi (19 novembre, ndr) prenderemo la decisione finale» conferma Cher, «l’ultima parola spetta al consiglio di amministrazione».
Boom di telefonate
Per il resto, l’albergo sarebbe pronto da subito: una novantina di camere già predisposte, ampi spazi, struttura controllata e certificata. L’annuncio - arrivato dalla Regione - del Covid hotel a Monastier ha generato un effetto che nessuno aveva previsto: decine di telefonate al centralino dell’albergo per chiedere se la struttura è già operativa. «C’è chi ha raccontato di avere uno zio o un parente contagiato e di non sapere come fare a isolarlo» racconta Cher, «chiedendoci se eravamo già in grado di accogliere i primi ospiti». Ovviamente non si entrerebbe su prenotazione: la decisione su chi ospitare spetterebbe all’Usl, in base a una valutazione clinica e sociale di ogni caso. Se la grana personale sarà superata in tempi rapidi, Monastier potrebbe aprire già la settimana prossima. Non sarà un ospedale, ma potrebbe comunque alleggerire i nosocomi trevigiani accogliendo quei “ricoveri sociali” il cui quadro clinico non necessita di cure particolari, ma che non hanno un luogo in cui trascorrere la quarantena. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso