Così a Treviso cresce il karkadè
Col sole cocente e la colonnina che in certe giornate sfiora i 40 gradi non si può certo dire che abbia messo radici fuori posto. Sebbene, da che mondo è mondo, quella piantina cresce rigogliosa per lo più nei Paesi dell’Africa centrale. A fare gli onori di casa tra gli orti del quartiere San Paolo, dunque ben oltre l’Equatore, tra fila d'insalata, pomodori, zucchine e peperoni nostrani è nientemeno che la pianta del karkadè, chiamata anche Bissap. Coltivazione tipica dell’Africa Sub sahariana, questa pianta è in grado di sopportare precipitazioni abbondanti. Per non parlare di lunghi periodi di siccità, fino a quattro mesi e senza danno. E adesso alla periferia di Treviso cresce a dir poco rigogliosa. A piantare per la prima volta il karkadè nell'orto urbano di via borgo Furo è stato un cittadino trevigiano di origine senegalese, per tutti Manga.
E tra fila di insalate e pomodori nostrani, che sotto il sole agostano implorano acqua a iosa, i gioielli verde smeraldo dell'orto di Manga non si fanno togliere gli occhi di dosso. Per la prima volta un orto urbano in città si fa multietnico e a chilometro zero: «Può capitare che cittadini immigrati piantino dei semi di coltivazioni tipiche dei loro paesi d'origine», spiega Ezio Bisetto, presidente della società agricola cooperativa Topinambur, tra la rosa delle associazioni che hanno dato vita all'orto San Paolo, «questo perché un po’ non sono abituati ai gusti dei nostri ortaggi». Eppure col sole africano di casa ormai anche a Treviso il Bissap sembra aver trovato il suo ambiente ideale: «Alla luce dei cambiamenti climatici che ormai sono sotto gli occhi di tutti l'agricoltura ci insegna a sperimentare nuove coltivazioni per capire quali sono le piante più residenti senza correre il rischio di andare sotto stress. Da tempo stiamo facendo questa analisi. Bisogna saper adattare le coltivazioni al clima altrimenti si chiude bottega. E nelle estati sempre più torride per i nostri ortaggi è un dramma».
Quanto al karkadè, la novità, complice forse la sua rigogliosa bellezza, sembra aver catturato la curiosità di tutti: «Coltivare insieme gli orti dà l'opportunità di conoscere anche le coltivazioni tipiche di altri paesi», spiega Ezio Bisetto, «e dallo scambio reciproco di conoscenze tutti hanno qualcosa da imparare». (a.v)
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