Consoli: «Così hanno fatto morire la mia banca»

MONTEBELLUNA. «Questa riforma va contro le banche del territorio. Non mi ci riconosco, non è più il mio mondo. Io ho fatto di tutto per farla diventare grande, questa banca. Continuare a rimanere al timone della banca potrebbe dover significare difendere la validità di scelte che ho sempre avversato. Per me non è pensabile, faccio un passo indietro». Si è sfogato così, con un gruppo ristretto di suoi collaboratori, Vincenzo Consoli. Un addio ponderato a lungo: prima rifiutato, quando sarebbe sembrato una resa (alle pressioni di Bankitalia e Bce) o un’ammissione di colpevolezza (al momento delle indagini di due Procure). Il momento è adesso, ha detto Consoli, perché solo così la scelta è «davvero mia».
Un’uscita di scena in perfetta linea con la persona, o il personaggio, perché il racconto dell’ascesa - sua e della banca - sconfina spesso nella retorica dell’epico. In Veneto Banca dal 1988, Consoli ne è divenuto dirigente nel 1997 e amministratore delegato nel 2008. È lui l’uomo del miracolo, del boom, dell’espansione. Ha preso per mano la piccola Banca popolare di Asolo e Montebelluna e l’ha portata nella top-10 degli istituti di credito nazionali. Le sue biografie sembrano manifesti futuristi: intraprendenza, coraggio, acquisizioni. A Montebelluna oggi i soci sono 89 mila, nel 1997 erano diecimila. E il valore delle azioni è passato da 14 a quasi 41 euro. Da quel picco, però, è iniziata una discesa drammatica, con il valore delle azioni crollato del 22,8% (a 30,50 euro) in un colpo solo, e una perdita netta a bilancio 2014 di 968 milioni di euro.
Era il 15 aprile 2013 quando Bankitalia avviò un’ispezione diretta a valutare l’adeguatezza del sistema di governo, gestione e controllo del rischio credito di Veneto Banca. L’ispezione si concluse il 9 agosto. Arrivarono le sanzioni, e le conclusioni del 5 agosto 2014 confermarono il sistema di violazioni rilevate dalla Vigilanza, che notificò a carico degli ex Cda una maxi-multa di 2,7 milioni di euro. Ed è proprio da quella relazione ispettiva, datata 2013, che è partita l’inchiesta della procura di Roma che ha iscritto nel registro degli indagati l’ex presidente Flavio Trinca e l’ex ad Vincenzo Consoli, oggi direttore generale dell’istituto. Oggi per l’ultimo giorno: da domani, primo agosto, sulla sua scrivania ci sarà Cristiano Carrus.
Consoli ora sembra intenzionato a prendersi un periodo di respiro. Ha affidato a una lettera sull’intranet aziendale il proprio saluto ai suoi dipendenti, perché quasi ventisette anni non si cancellano in un giorno né in poche settimane. «Scrivo con grande emozione, ho visto crescere e trasformarsi poco a poco questa azienda, fino a diventare una banca di dimensioni europee. Sono stati anni di lavoro splendidi: un’avventura coinvolgente ed entusiasmante, che non ha perso il suo sapore nemmeno nei momenti di maggiore difficoltà. Chiudo la mia parabola con due certezze: la consapevolezza che Veneto Banca è stata ed è importantissima per la crescita della provincia di Treviso, del Veneto e di tutti i territori nei quali siamo andati a operare; la convinzione che siete una squadra straordinariamente forte e che saprete aprire nuovi capitoli di successo».
Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso