Conegliano, morto alla Garbellotto: cinque a processo

Per la fine del caporeparto Dino Corocher sono stati rinviati a giudizio i tre fratelli contitolari dell’azienda e due dirigenti dell'impresa di Conegliano
Allegranzi Conegliano Incidente sul lavoro mortale alla Garbellotto Botti
Allegranzi Conegliano Incidente sul lavoro mortale alla Garbellotto Botti

CONEGLIANO. È di cinque rinvii a giudizio per omicidio colposo il bilancio dell’udienza preliminare, tenutasi nella mattinata di ieri, per la morte di Dino Corocher, il mastro bottaio e caporeparto vittoriese della Garbellotto Botti, morto sul posto di lavoro il 26 luglio 2017, all’età di 49 anni, a causa di una scheggia, staccatasi da un pezzo di rovere in una macchina rifilatrice, che l’ha trafitto al collo. Si tratta dei vertici della ditta coneglianese ossia dei tre fratelli Garbellotto, titolari dell’omonima azienda: Piero, 38 anni di San Fior, che è noto anche come presidente dell’Imoco Conegliano, Piergregorio, 38 anni, di Conegliano, Pieremilio, 36 anni, di Conegliano. A giudizio per omicidio colposo anche il direttore generale Graziano Cavalet, 67 anni di San Fior, ed il responsabile del servizio di prevenzione e protezione Matteo Cestaro, 50 anni, di Preganziol (difesi dagli avvocati Alberto Mascotto, Alessandro Alfano e Alessandro Rinaldi).

La prima udienza del dibattimento è stata fissata per il 13 novembre del 2019. Nel processo, che dovrà accertare le eventuali responsabilità della morte di Dino Corocher, i familiari della vittima, che sono stati risarciti, non si costituiranno parte civile.

La mattina del 26 luglio scorso Corocher stava lavorando alla rifilatrice, un macchinario dove vengono passate una ad una le tavole di legno di rovere larghe 5 centimetri, con cui vengono costruite le botti della Garbellotto.

Secondo i primi accertamenti svolti dai tecnici dello Spisal dell'Usl 2, una scheggia appuntita era partita improvvisamente dal macchinario colpendo il mastro bottaio al collo, nel punto più fragile sotto il pomo d'Adamo. Come una freccia, la scheggia gli aveva provocato una profonda ferita con conseguente copiosa e fatale emorragia. Erano le 8.45 quando si consumò la tragedia, nel reparto di taglio legnami. I colleghi ed i vertici dell’azienda erano subito accorsi per aiutare Corocher ma purtoppo non c'era più niente da fare, impossibile tamponare l’emorragia alla carotide. L’operaio era stato trafitto in un punto vitale.

La procura della Repubblica di Treviso, con il pubblico ministero Giulio Caprarola, aveva disposto il sequestro del macchinario, una “Rifilatrice Bristot Cesare Belluno”, disponendo una perizia. Il pm aveva chiesto ai tecnici di capire, in particolare, come fosse stato possibile che una scheggia di rovere si fosse staccata in quel modo dal pannello e soprattutto se vi fossero stati dei difetti di manutenzione o altro che potessero eventualmente profilare delle responsabilità specifiche.

Nei giorni precedenti la tragedia era stata inaugurata la nuova ala dello stabilimento Garbellotto, ricostruita letteralmente dalle ceneri di un devastante incendio davanti anche ad autorità e dipendenti. Tra questi, c’era anche Corocher che aveva accolto l'evento con soddisfazione.

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