Cinque secoli di stampa, alla tipoteca di Cornuda con i nostri lettori

TREVISO. Da Panfilo Castaldi ad Aldo Manuzio, dal metodo dell’incisione litografica alle preziose stampe dei Remondini. Nell'epoca del digitale la Tipoteca di Cornuda è un luogo unico nel suo genere, qualcosa di straordinariamente moderno perché raccoglie nelle stanze di un ottocentesco canapificio la storia della tipografia e dei caratteri. Cinque secoli di pura emozione per gli occhi e il cuore di appassionati, ma anche di giovani grafici nati nell’era del digitale che vogliono “attingere” e affinare le loro competenze. Non esiste niente di simile altrove. Il museo custodisce infatti la più grande raccolta di caratteri e macchine per la stampa risalenti al periodo che va dal '400 al '900. Negli spazi dell'antico canapificio prende forma l'azzardo modernissimo di Silvio Antiga, uno dei fratelli proprietari delle Grafiche Antiga, azienda tipografica leader nel settore da cinquant'anni.
La sua geniale intuizione fu di raccogliere nei magazzini polverosi dei tipografi di tutta Italia gli strumenti del loro lavoro, “reperti” che rischiavano di andare distrutti per sempre. Ad un certo punto nessuno badava più a torchi, presse e caratteri mobili, messi all'angolo dall'avvento delle nuove tecnologie. Tutto più rapido e meno laborioso. È a questo punto che inizia la straordinaria opera di salvataggio di Antiga, lungimirante filantropo di alfabeti in via di estinzione. Ha infatti percorso il Bel Paese, nuotando controcorrente, per battere sul tempo i produttori di armi che ricercavano i caratteri mobili per rifonderne il metallo. Un'operazione culturale all'avanguardia che via via ha alimentato la collezione e generato il Museo della Stampa e del Design Tipografico.
Ecco che fanno capolino i caratteri di piombo dell'epoca di Gutenberg, mentre una cassettiera alta fino al soffitto custodisce types di tutte le fogge. Ben 1.083 cassetti in cui riposano 1.400 serie di matrici di rame e in lega. In potenza tutte le parole del mondo potrebbero materializzarsi. I pezzi principali provengono da due storiche eccellenze, la milanese Fonderia Tipografica Cooperativa di Peschiera Borromeo e la romana Fonderia Giovanni Azzaro, ma ci sono anche i punzoni dei Fratelli Amoretti del 18esimo secolo. Incidere a mano i punzoni è una delle arti più complesse, richiede mani sapienti, occhi infallibili e ore di lavoro. Genio e maestria per rasentare la perfezione.
La Tipoteca appare come una miniera inesauribile, capace di alimentare un laboratorio in cui si stampano ancora i libri alla “vecchia maniera”, sfruttando migliaia di caratteri. Tutto catalogato e inventariato. Odore di china, nostalgiche memorie affisse alle pareti: manifesti pubblicitari dalle forme futuriste, la sorpresa di scoprire che la musica veniva stampata con apposite types fino agli anni '90. Echi di un tempo in grado di resistere al comfort della modernità. Non c'è alfabeto da tastiera capace di regalare la soddisfazione di una piccola lettera di piombo accostata a tante altre per dare forma a un pensiero, poi a una pagina, quindi a un libro. Nessuna possibilità di pigiare il tasto reset. Una volta che l'inchiostro tocca la carta, la parola è per sempre.
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