«Chiuderci? È una pagliacciata»: il re trevigiano delle disco contro il governo

TREVISO. «È ridicolo, se non fosse che parliamo di cose molto serie mi verrebbe da dire che siamo di fronte a una pagliacciata». Giannino Venerandi, esponente della più nota dinasty trevigiana (non solo) del divertimento, vicepresidente del Silb, gestisce da 50 anni l’odissea di Spresiano («È un’istituzione del paese», la definisce il sindaco Della Pietra) avviata da papà Renzo, e mamma Pierina, e la Casa di Caccia a Monastier. La famiglia gestisce locali dal Veneto al Friuli alla Lombardia.
«Chiudere le discoteche? Così si colpisce un’industria importante del paese: solo noi abbiamo 260 dipendenti fra Odissea e Casa di Caccia, con le attività collegate (hotel e piscine, ristoranti, ndr). E questo perché qualcuno ha fatto il furbetto e se n’è infischiato, in giro per l’Italia», attacca Venerandi, «Attenzione: la gente non la fermi se non fai un altro lockdown, altrimenti si muoverà sempre, gli assembramenti ci sono stati, ci sono e ci saranno, ma io credo li si possa gestire e regolamentare. Se invece si fanno queste chiusure indiscriminate, si finirà per favorire solo l’abusivismo. E questo è un errore pazzesco».
Venerandi, foto e blitz, anche nella vicina Jesolo, parlavano più di mille discorsi.
«Infatti parlavo di regole e del loro rispetto. E dico quel che abbiamo fatto noi, riaprendo a fine giugno, all’Odissea e alla Casa di Caccia: controllo della temperatura all’ingresso, peraltro non obbligatoria; più che dimezzata la capienza nelle sale e sulle piste, rivedendo spazi e percorsi. Al limite della sopravvivenza, ma almeno si andava avanti. Uno spiraglio di luce in un anno terribile. Siamo stati controllati e non abbiamo mai avuto sanzioni, pur gestendo flussi rilevanti. Adesso cosa facciamo?».
Fino al 7 settembre serrande chiuse.
«Speriamo di avere anche gli aiuti necessari... Ma perché chiudono noi se i contagi non arrivano dalle nostre discoteche? I contagi arrivano da chi va in ferie in paesi a rischio, ma non per questo sono stati chiusi gli aeroporti; arrivano con i migranti, ma non si chiudono i porti e non si fermano i barconi; arrivano da assembramenti su strade e piazze, che non vengono chiuse, anche a Jesolo. In rete si vedono tante cose. Sono successi casi in macelli e altre aziende di logistica, che restano aperti. Paghiamo solo noi?».
Com’era stata la risposta del pubblico?
«Tenuto contro della situazione, c’era movimento. Certo, eravamo abituati a 5-6 mila persone a sera, adesso siamo fra un terzo e il 40%. Dopo il lockdown c’era tanta voglia di muoversi, è estate: ma non si possono fare paragoni con gli anni scorsi e ancor più con il passato».
Ultima domanda: dica la verità, come facevate a far rispettare il distanziamento nei balli, in pista?
«Ah, quella è un’impresa, credo non riescano ad averlo garantito nemmeno i politici». —
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