Chiude il maglificio «Gea» senza lavoro 26 dipendenti

Cimadolmo: i lavoratori a casa senza liquidazione dopo 40 anni di prestazioni La crisi del comparto tessile è stata decisiva, mazzata finale dai clienti insolventi

di Francesco Dal Mas

CIMADOLMO

A casa, dopo 40 anni di lavoro, senza liquidazione e in attesa, ma chissà quando, della pensione.È l’amara sorte che tocca a 26 dipendenti del maglificio «Gea» di Cimadolmo, un marchio nel settore. Erano 28, un anno fa, gli addetti, tutte donne salvo tre operai. Una si è licenziata, un’altra, fortunata lei, è andata in pensione. Le 26 lavoratrici rimaste stanno consumando un anno di cassa integrazione, a seguito della liquidazione della società, e adesso la loro prospettiva è quella della mobilità: 3 anni per quante ne hanno più di 50, 2 per le operaie tra i 40 ed i 50, un anno per tutte le altre. «Nessuna alternativa occupazionale all’orizzonte – ammette, preoccupato ed amareggiato, Italo Zanchetta, della Cgil -. La direzione aziendale ce l’ha messa tutta, dobbiamo riconoscerlo, per trovare possibili acquirenti. In lizza ce n’era più d’uno. È probabile che emergeranno dal sommerso ad operazione conclusa, quando sarà più conveniente farlo». La «Gea» occupava una nicchia interessante del mercato della maglieria. Una nicchia di autorevole creatività. Ma la crisi del comparto tessile e della maglia in particolare «è stata devastante». A queste difficoltà di mercato, si sarebbero aggiunte quelle finanziarie, dovute – stando alle informazioni a disposizione del sindacato – di alcuni clienti insolventi, che per lungo tempo hanno promesso di pagare e poi non l’hanno fatto. Ieri l’assemblea in fabbrica, il 13 un nuovo incontro con i liquidatori. «Noi insistiamo perché si compiano tutti i tentativi – prosegue Zanchetta – di trovare nuovi acquirenti o, per lo meno, di vendere lo stabilimento ed i macchinari. Questo, perché, i lavoratori hanno diritto, magari dopo 40 anni di presenza in fabbrica, alla liquidazione. Chiediamo, in questo senso, uno sforzo supplementare alla proprietà che sappiamo sensibile». La chiusura della fabbrica cade, fra l’altro, in un momento delicato, quando una serie di operaie prossime alla quiescenza si vedono costrette ad attendere anni in più prima di percepire la pensione. La liquidazione potrebbe, in qualche misura, tornare di utilità per l’integrazione. Le organizzazioni sindacali interverranno anche sulle amministrazioni locali per verificare la disponibilità di qualche misura di welfare. E, ovviamente, un tentativo ancora più consistente sarà fatto – conclude Zanchetta – su Confindustria Treviso per individuare qualche opportunità di ricollocazione. E’ puu vero che una parte rilevante del personale «Gea» ha più di 40 anni.

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