Castelfranco. Delitto Tassitani: «L’assassino può uscire già l’anno prossimo»

L’avvocato Quintavalle, legale che seguì la famiglia della vittima, spiega: «Con la buona condotta non è necessario che Michele Fusaro sconti la metà della pena. Ma i giudici ci pensino bene»
Michele Fusaro dopo la cattura
Michele Fusaro dopo la cattura

CASTELFRANCO. Michele Fusaro, l’assassino di Iole Tassitani, potrebbe uscire dal carcere ben prima di aver scontato metà della pena a 30 anni di reclusione, cui è stato condannato dopo l’efferato delitto: forse già il prossimo anno.

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Non vi è nulla di ufficiale, ma da qualche tempo negli ambienti giudiziari sta circolando questa ipotesi. Proprio nei giorni scorsi – in occasione della pubblicazione di un video sulla vicenda di Iole Tassitani realizzato dal nipote Filippo Barbaro in occasione del dodicesimo anniversario del rapimento della donna quarantenne – la famiglia Tassitani aveva ribadito il proprio risentimento per il fatto che nel 2023 Michele Fusaro, il falegname di Bassano che rapì, uccise e fece a pezzi il corpo di Iole, avrebbe potuto lasciare il carcere, dopo aver passato “solo” quindici anni dietro le sbarre.. Una eventualità che ora potrebbe essere addirittura anticipata, facendo valere la buona condotta di Fusaro.

«È una ipotesi concreta», spiega l’avvocato della famiglia Tassitani Roberto Quintavalle. «A vantaggio del recluso possono essere applicate una serie di misure meno restrittive, come la semilibertà. Quindi di fatto uscirà dal carcere. Questo a livello tecnico è possibile: purtroppo in Italia non c’è una chiara normativa sull’applicazione di queste misure: detto fuori dai denti, si può fare come si vuole».

Ma il legale va al di là del “tecnico”: «Spero che nel decidere si tenga conto anche dei riflessi che questo può avere nell’opinione pubblica. Il messaggio rischia di essere: anche se sei colpevole di uno dei delitti più atroci commessi in Italia, te la puoi cavare “solo” con tredici anni di reclusione. Si rafforzerà il concetto che in Italia non c’è la certezza della pena. Mi fermo qui, perché compete ad altri valutare questo, al di là del comportamento tenuto in carcere dal detenuto».

È da anni che Quintavalle si batte su questo tema, da quando ha preso in carico il caso Tassitani. Le misure di cui parla sono possibili perché Fusaro non è stato condannato all’ergastolo: la Cassazione infatti ha confermato la sentenza di primo grado, 30 anni. «Anni fa», racconta Quintavalle, «mi trovavo in Austria per difendere un cliente. Nell’attesa ho assistito a un processo per rapina conclusosi con una condanna a sette anni di reclusione. Alla fine ho chiesto al cancelliere quanti ne avrebbe realmente scontati. “Ma sette, naturalmente…” fu la risposta a una domanda, lo capii in quel momento, assurda in quel Paese. In Italia, invece…».

Proprio perché non vi fosse una applicazione generalizzata dei vantaggi del rito abbreviato anche per i delitti più gravi, nel 2009 la città di Castelfranco si mobilitò con una raccolta di firme: in mezz’ora, ricorda il video di Filippo Barbaro, se ne raccolsero 800. Alla fine furono 50mila. «Chissà se chi dovrà prendere decisioni sulla permanenza in carcere dell’autore del delitto se lo ricorderà…», conclude Quintavalle. —

Davide Nordio

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