Caso vaccini a Treviso. Petrillo, giusto il licenziamento: il tribunale rigetta il ricorso

Treviso. Nessun reintegro per l’infermiera accusata di non aver vaccinato 500 bimbi. I legali della donna: «Siamo pronti a ricorrere. C’è ancora un giudizio pendente»
Borin Montebelluna Emanuela Petrillo e avv Paolo Salandin
Borin Montebelluna Emanuela Petrillo e avv Paolo Salandin

TREVISO. Emanuela Petrillo, l’assistente sanitaria che avrebbe finto di vaccinare circa 7 mila pazienti tra il Friuli e la Marca, non verrà reintegrata nel suo impiego al dipartimento di Prevenzione della Madonnina di Treviso. A deciderlo il giudice del lavoro al quale la donna si era rivolta impugnando il licenziamento per giusta causa avanzato dal suo datore di lavoro, l’Usl 2. «La dipendente aveva chiesto al Tribunale di poter tornare al lavoro, ma l’istanza è stata rigettata. Ma i legali della donna sono pronti al ricorso: «C’è ancora un giudizio di primo grado pendente», dice l’avvocato Luca Azzari, «Perché possa esserci giudizio definitivo di merito bisognerà attendere la corte d’appello di Venezia, e la pronuncia non avverrà prima del prossimo anno».

«Resta comunque in piedi il filone del processo penale del quale attenderemo gli sviluppi», dice il direttore generale dell’Usl 2 di Marca, Francesco Benazzi.

Licenziare, dovuto

Il licenziamento per giusta causa, avanzato un anno fa dall’Usl 2 dopo un articolato iter disciplinare, è stato definito dai vertici dell’azienda sanitaria «un atto dovuto visto che la dipendente aveva un obbligo previsto dal contratto: vaccinare le persone. Non avendovi adempiuto non rimaneva che la strada del licenziamento per giusta causa». Una vicenda delicatissima, dato che l’ex assistente sanitaria di Spresiano non avrebbe immunizzato 500 pazienti trevigiani da gennaio a giugno 2016 (altre migliaia quelli emersi nel corso dell’indagine in Friuli) quando era in servizio all’ambulatorio vaccinale della Madonnina.

L’accusa

Secondo l’accusa Petrillo fingeva di iniettare il siero, appoggiando l’ago al braccio per poi gettare via la siringa con il suo contenuto. I primi a sospettare furono alcuni colleghi, che decisero di segnalare la strana presenza di liquido nel cestino dove venivano gettate le fiale di farmaco dopo l’iniezione. Informata dei fatti la direzione aziendale aveva denunciato la vicenda al Comando Carabinieri NAS di Treviso. Le indagini avevano preso il via mentre l’assistente sanitaria era stata allontanata dall’incarico vaccinale e trasferita ad altra mansione d’ufficio.

Il caso

Dopo una prima archiviazione il caso venne riaperto allargandosi anche alla Aas 3 - distretto di Codroipo, dove Petrillo aveva lavorato dal novembre 2009 al dicembre 2015. A quel punto si decise di effettuare nuovi test con la supervisione dei carabinieri del Nas, prelevando tre fialette di sangue a ogni bimbo. Il materiale raccolto è stato inviato a tre diversi indirizzi: una partita a Roma, una mantenuta come campione e una terza conservata dalla Procura per effettuare l’incidente probatorio all’attenzione dei tecnici dell’Usl 2 e della difesa.

Le analisi condotte dai periti nominati dal giudice delle indagini prelimari Mariarosa Persico, il medico legale Carlo Moreschi, docente dell’Università di Udine, e Giancarlo Icardi, direttore dell’unità di igiene dell’ospedale San Martino di Genova, avrebbero confermato un’elevata mancanza di copertura vaccinale.

In tribunale

L’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio della donna, indagata dalla Procura di Udine per peculato, falso ideologico e omissione in atti d’ufficio, è slittata in attesa della decisione dei giudici della Cassazione ai quali si sono rivolti i legali della Petrillo per chiedere lo spostamento del procedimento.

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