Caso Boffo, Feltri racconta la macchina del fango

L’ex direttore del Giornale racconta all’Espresso come nacque l’inchiesta sul giornalista trevigiano all’epoca alla guida di Avvenire
L'ex direttore dell'Avvenire Dino Boffo oggi durante la cerimonia per la consegna delle benemerenze civiche di Sant'Ambrogio, martedi' 7 dicembre 2010. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
L'ex direttore dell'Avvenire Dino Boffo oggi durante la cerimonia per la consegna delle benemerenze civiche di Sant'Ambrogio, martedi' 7 dicembre 2010. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

«Bertone, Bisignani, Santanchè...Fu Alessandro Sallusti a dirmi che la fonte della velina su Dino Boffo era il cardinale Tarcisio Bertone, che l'aveva data a Luigi Bisignani e Daniela Santanchè. Poi era arrivata a Sallusti. È questo quello che ho raccontato ai magistrati. Davanti ai pm si deve dire la verità». Vittorio Feltri racconta in un'intervista a “l'Espresso” i retroscena della vicenda sul caso Boffo, il giornalista trevigiano che si era dimesso dalla direzione di Avvenire in seguito ad una campagna di stampa del Giornale diretto proprio da Feltri. Sono le parole che lo stesso Feltri confidò due anni fa a un giudice della procura di Napoli, quando raccontò l'origine del finto scoop, nel quale scrisse che Boffo era «un noto omosessuale attenzionato dalle forze dell'ordine», che costrinse l'allora direttore di Avvenire alle dimissioni. Il settimanale, in edicola domani, riferisce dunque che il pm Gianfranco Scarfò in forza alla procura partenopea chiamò Feltri per interrogarlo come persona informata sui fatti. Il magistrato stava cercando di capire chi era entrato nel casellario giudiziario per cercare informazioni su Boffo, e chiese così al giornalista quale fosse la genesi della notizia pubblicata il 28 agosto 2009 sulla prima pagina de “Il Giornale”. «Dissi al pm che la catena era Santanchè, Bisignani, Bertone. È quello che mi fu detto da Sallusti, quando lui era condirettore», ricorda Feltri. «Dopo, non so se fosse vero. Io ero il direttore, e mi sono fidato senza pormi tanti problemi. Mi sembrava che fosse assolutamente credibile». «C'era una fotocopia dove si raccontavano certi fatti, io ho dato un'occhiata», ammette Feltri. «Quando ho saputo che la fonte era quella ovviamente mi sono fidato». Il settimanale segnala anche che davanti al magistrato l'attuale direttore de «Il Giornale», Sallusti, ha invece negato in toto la versione di Feltri. Il pm Scarfò non ha mai depositato - scrive l'Espresso nell'anticipazione - le testimonianze, nè quella di Feltri ne quella di Sallusti. L'inchiesta ha finora portato alla sbarra solo un cancelliere del palazzo di giustizia di Santa Maria Capua Vetere, Francesco Izzo, accusato di accesso abusivo al sistema informatico: è lui l'uomo che - secondo il magistrato - a marzo 2009 consultò indebitamente il casellario per estrarre i precedenti penali di Boffo. Dopo due anni, il processo è alle fasi finali, in attesa della requisitoria del pm. Feltri fu invece sospeso dall'Ordine per tre mesi. «Ho pagato io solo come sempre succede - conclude Feltri - C'è quel cretino del direttore che ci va di mezzo».

In relazione alla notizia anticipata dall'Espresso sul «caso Boffo», il cardinale Tarcisio Bertone «smentisce categoricamente la ricostruzione falsa e offensiva che è stata fatta». L'ex segretario di Stato afferma che non ha «mai consegnato nessuna 'velinà su Boffo a chicchessia, nè tanto meno è stato all'origine di tale fatto». Spiega anche che «dell'incresciosa vicenda dell'ex direttore di Avvenire ha appreso dai mass media». «Per questo nuovo e ingiustificato attacco alla sua persona», il cardinal Bertone «si riserva di adire le vie legali».

«In merito alla anticipazione del settimanale L'Espresso sul caso Boffo, Daniela Santanchè smentisce categoricamente la fantasiosa ricostruzione che Vittorio Feltri avrebbe fatto davanti ai magistrati della procura di Napoli che la vorrebbero in qualche modo coinvolta nella diffusione della notizia sulla condanna dell'allora direttore di Avvenire». È quanto si legge in una nota del deputato FI. «Quello che leggo - prosegue - è frutto di supposizioni maligne e squallidi pettegolezzi che mi sorprende vengano accreditati da un giornalista autorevole. Non capisco a che titolo io venga chiamata in causa in una vicenda che non conosco e che ho appreso dalla lettura dei giornali. Ovviamente mi riservo di tutelare la mia immagine in ogni sede».

Riproduzione riservata © Tribuna di Treviso